Fondue di formaggio alla Valdaostana, l’aperitivo “sociale”

Avete invitato degli amici a cena ma non sapete cosa preparare? Siete in cerca di un’idea originale e divertente? Eccola servita: una bella fondue di formaggio! E’ un piatto tipico della Valle d’Aosta, del Piemonte e della Svizzera e si presta a numerose varianti: il tipo di formaggio, la presenza del vino e cosa inzuppare cambia a seconda della regione o della vostra fantasia.

Per prepararla in Svizzera viene usato un tegame ad hoc, il caquelon, che può essere in ceramica, ghisa o terra cotta, e viene posizionato sopra una fonte di calore. Potete usufruire comunque della casseruola che usate per la bourguignonne di carne, la mia ad esempio è in acciaio, di quelle che si trovano comunemente in commercio, con una piastra elettrica su cui appoggiarla per cuocere direttamente in tavola.

I formaggi da fondere sono a vostra discrezione, se ne calcolano in genere 200 grammi a testa. Io uso emmenthal, groviera e toma piemontese, ma vanno bene anche la fontina, lo svizzero Vacherin o il francese camembert.

Filetti di baccalà e pomodori: una ricetta semplice per cucinare il merluzzo

baccalà

Il baccalà è il merluzzo (nome di varie specie tra cui merluccius merluccius, pesce dal corpo affusolato presente nei mari del Nord e nel Mediterraneo) conservato sotto sale. La salagione ne consente la conservazione per molto tempo, e per questo viene impiegata fin dai tempi antichi per consentire il trasporto e la consumazione del pesce in luoghi anche assai distanti da quelli d’origine.

Si narra che la procedura di salagione del baccalà sia merito dei pescatori baschi che, seguendo i branchi di balene e arrivati al Mare del Nord, si imbatterono in enormi banchi di merluzzo verso l’isola di Terranova, ed usarono per questo pesce il procedimento di conservazione già da essi usato per la carne di balena.

Come riciclare gli avanzi delle feste: Crostata di Cotechino

A quanti è accaduto di comperare, durante le feste di Natale, più del necessario e magari anche un cotechino o uno zampone di troppo? Spesso cucinarlo in un periodo diverso da quello natalizio non riscuote molti favori e da qui l’esigenza di doverlo riciclare in qualche modo. Il fatto di consumare il cotechino prevalentemente nel periodo di Capodanno è comunque errata in quanto come ogni carne di maiale è un alimento completo e nutriente.

La storia dello zampone e del cotechino risale a tempi antichissimi, potremmo designarlo come il padre del salame o della mortadella. Lo zampone è un insaccato di puro suino da consumarsi esclusivamente cotto. Quello che viene infilato nella pelle della zampa suina è, in definitiva, un impasto di carne magra di maiale a cui vengono aggiunti sali, aromi e spezie varie (noce moscata, cannella, ecc.).

Sul piano nutrizionale lo zampone ed il cotechino sono praticamente identici e le calorie sono strettamente collegate al rapporto grasso/magro al momento della cernita dell’impasto. La ricetta della crostata di cotechino è un vero e proprio piatto unico e gli ingredienti per realizzarla sono:

La ricetta delle orecchiette alle cime di rapa, dal paese della “pizzica”

Taranta, pizzica, chiese barocche, olio, mare, trulli e negroamaro sono tutte cose che fanno pensare ad un paese molto conosciuto per la sua bellezza sia storica che naturalistica: la Puglia. Terra natale di personaggi del calibro di Lino Banfi e di gruppi come i Sud Sound System e dei Negramaro, magnifico scenario per la serie tv del “il giudice Mastrangelo“, con Diego Abatantuono, quando si parla di Puglia è, però, inevitabile pensare alle orecchiette alle cime di rape.

Le cime di rapa, sono delle specie tardive di broccolletti, ed essenzialmente sono i primi germogli fiorali, che vengono asportati, per far si che la pianta ne possa produrre di nuovi. La maniera più comune in cui vengono cucinate è “strascicate” in padella, e cioè, prima sbollentate e poi saltate in padella con olio ed aglio, ed è proprio con le cime di rapa strascicate che si condiscono le famose orecchiette.

L’orecchietta è indubbiamente il formato di pasta che istantaneamente fa pensare alla Puglia, territorio dai sapori genuini e semplici. Questo tipo di pasta solitamente veniva fatto in casa, l’impasto è fatto con semola di grano duro macinata finemente, modellata poi in cordoni, da cui si ottengono degli gnocchetti, che, con un abile colpo di pollice, vengono modellati in una specie di piccola conchiglia. Tradizionalmente, tali conchiglie erano strascinate su un pezzo di legno ruvido, per far si che avessero la superficie rugosa per meglio assorbire i condimenti.

Lo zafferano, oro rosso sulle nostre tavole

Forse non tutti sanno che lo zafferano è una spezia ricavata dai fili di color arancio o rosso della corolla del crocus sativus, nome latino usato dai botanici per indicare lquesta pianta la quale appartiene alla famiglia delle iridacee di cui fanno parte, ad esempio, le splendide e coloratissime orchidee.

Le origini dello zafferano pare vadano ricercate in Iran e alle pendici dell’Himalaya, zona da cui ancora oggi proviene il 95% della produzione per il commercio mondiale di questa preziosa spezia.
La semina dello zafferano avviene normalmente a primavera e la raccolta ha luogo da ottobre a novembre (25 giorni circa) la mattina presto o la sera tardi, ossia quando i fiori sono chiusi.
La raccolta richiede molta forza lavoro e molto, molto tempo: basti pensare che per raccogliere 1 Kg di zafferano sono necessari 150.000 fiori e due mesi di lavoro…!

Come molte spezie oggi famose in tutto il mondo anche lo zafferano ha la sua storia: conosciuto fin dall’antico Egitto dove veniva utilizzato come colorante per cosmetici, per i capelli, per le unghie e per le labbra approda a Roma dove verrà usato per colorare gli abiti e i veli delle spose. Dopo un periodo in cui la sua coltura era limitata all’Asia Minore, lo zafferano fu reintrodotto nel Mediterraneo in seguito alle invasioni Arabe nei territori spagnoli e in Sicilia intorno all’anno 1000 d.c. .
Nel MedioEvo lo zafferano diventa un vero e proprio status symbol e coloro che appartenevano alla nobiltà ne facevano grande uso per i loro banchetti; a quell’epoca il valore di 500gr di zafferano equivaleva all’attuale prezzo di un cavallo!

Amaro alle erbe: il piacere di un digestivo a fine pasto

A fine pasto è consuetudine offrire ai propri ospiti il cosiddetto ammazzacaffè, un liquore digestivo che “bruci” la sensazione di pesantezza di una cena o di un pranzo particolarmente luculliani. La scelta è varia: c’è chi predilige il limoncello, chi altri tipi di liquore come il liquore al cioccolato, all’alloro, alla fragola, alla menta. In commercio se ne trovano per tutti i gusti e alcuni molto originali, come il liquore alla banana, al latte, alle mandorle, alla rosa. Per chi invece vuole cimentarsi nella produzione di un liquore digestivo casalingo, oggi propongo la ricetta per la preparazione dell’ amaro alle erbe, ottimo a fine pasto ma anche da offrire semplicemente, in qualsiasi altra occasione.

Lo strudel di mele e cannella. Mille sapori avvolti in un vortice di gusto

Avete mai pensato a cosa potrebbe accadere se mele, nocciole, mandorle, pinoli e uva passa fossero mescolate in un vortice? Beh, ne verrebbe fuori un saporitissimo strudel.

La parola strudel deriva, infatti, dal tedesco è vuol dire vortice, gorgo, poiché, la porzioni di questo dolce, una volta finito, sembrano proprio l’occhio di un gorgo che ha tirato verso di sé tutti gli ingredienti.
Questo dolce, tipico della pasticceria del centro-europa, può essere considerato una variante alla tradizionale torta di mele. La frutta, anziché essere disposta su un disco di pasta, è avvolta in una sfoglia.

Al più tipico strudel di mele, se ne affiancano altri, come ad esempio quello alla ricotta, alla marmellata e alle ciliegie. Esistono anche degli strudel salati, chiamati in questo modo perché hanno forma uguale a quelli dolci, il cui ripieno può essere costituito da spinaci, verza o carne.

Panna cotta al cioccolato e rum

La panna cotta è uno dei dolci italiani più conosciuti anche all’estero, ha origine piemontese e la sua preparazione è estremamente semplice e veloce; questo dolce al cucchiaio può essere presentato in varie versioni e per quanto riguarda questa al cioccolato e rum, se dovesse essere sevita anche a dei bambini sarà sufficiente eliminare dalla ricetta il rum.
Il tempo di preparazione previsto è di 15 minuti oltre le 2 ore di riposo in frigorifero e le dosi degli ingredienti per 4 persone sono:

Paccheri e petti di pollo per un piatto unico veloce e gustoso

paccheri

Per gli amanti della pasta e dei primi piatti, oggi propongo una ricetta speciale, preparata con petti di pollo e paccheri. Un’associazione insolita per un risultato unico, che stupirà i vostri ospiti per l’originalità e la fantasia, senza peccare ovviamente nell’obiettivo principale: il gusto!
Questo piatto è l’ideale come piatto unico proprio perchè contiene sia la pasta che la carne. Se non avete molto tempo a disposizione, potrà trarvi d’impaccio consentendovi di preparare un pranzo o una cena, senza mettervi ai fornelli ore prima.

Ravioli dolci con ricotta e cioccolato per Carnevale

 

Siete amanti dei ravioli? Con il pomodoro, con funghi e salsiccia, con il pesce, con le verdure? Vi piacerebbe mangiarne anche di dolci? Eccovi serviti: ravioli dolci di ricotta.

 

Infatti i ravioli, tipico piatto italiano dalle origini antichissime, si tinge di zucchero a velo assumendo un sapore dolce e molto buono! I ravioli sono una pasta molto antica, sembra che siano stati inventati addirittura dagli antichi etruschi in quanto, dagli affreschi delle tombe nella necropoli di Cerveteri, sono state rinvenute rappresentazioni di coltelli, mattarelli, farina e rotelline simili a quella per fare i ravioli al giorno d’oggi. Di solito il modo più consueto di mangiare i ravioli (almeno nel Lazio ed in Toscana) è con ripieno di ricotta e spinaci accompagnati da salsa di pomodoro semplice o con carne di lepre o cinghiale.

 

Ma nel periodo di carnevale, in queste regioni, oltre alle classiche castagnole e frappe, siamo soliti cucinare anche questi deliziosi ravioli dolci. La ricetta è semplice e il risultato è garantito.

Té verde, varietà ed origine. Per rilassarsi e mantenersi in salute

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Il è la bevanda più amata al mondo dopo l’acqua, consumata in tutto il mondo nelle sue innumerevoli varietà. Quando la sua storia abbia avuto inizio non è dato saperlo con esattezza, quello che è certo è che in Cina la pianta spontanea del té era già conosciuta nell’ottocento a.C, ma solo centinaia di anni dopo cominciò ad essere coltivata. Una antica leggenda narra che l’imperatore cinese Shen Nung fosse solito ristorarsi nei momenti di pausa con un recipiente di acqua di ruscello calda. Una volta era seduto all’ombra di un albero quando delle foglie caddero nell’acqua calda. Shen Nung lo assaggiò e l’insolita bevanda lo conquistò.

La pianta che da origine al té è la Camelia Sinensis, un arbusto alto al massimo quattro metri le cui foglie dopo essere raccolte possono essere lavorate in modi diversi. A seconda del tipo di trattamento che ricevono danno vita ad una diversa varietà di té.

In Giappone la varietà più consumata è il tè verde che si distingue dal té nero in quanto ne viene interrotta la fermentazione e da questo deriva il suo tipico colore verde. A sua volta i vari tipi di té verde si distinguono tra di loro a seconda della tostatura che può essere ad esempio a vapore o in recipienti di rame.

Obesità infantile: consigli per la prevenzione e un’adeguata alimentazione

L’obesità infantile è un fenomeno che dilaga ormai da qualche anno nei Paesi industrializzati. In Italia colpisce un bambino su quattro ed è il risultato di un bilancio energetico positivo, protratto nel tempo: in pratica i bambini assumono più calorie del necessario, giorno dopo giorno, con gravi conseguenze per la salute immediata e per il futuro. Le statistiche non lasciano dubbi: nel nostro Paese nel 1999/2000 la percentuale di bambini ed adolescenti in sovrappeso (per un campione compreso fra i 6 e i 17 anni) raggiunge il 20% mentre è pari al 4% la quota degli obesi.

La fascia più colpita è quella compresa fra i 6 e i 13 anni, e la percentuale maggiore spetta ai maschietti che risultano maggiormente interessati dal fenomeno obesità, rispetto alle loro coetanee. La prima regola è prevenire, ma se il bambino è già grassottello, bisogna correre ai ripari con una corretta alimentazione. Le colpe sono da imputare ai cibi confezionati, alle merendine consumate senza ritegno, alla vita sedentaria davanti al pc e alla tv, alla sempre maggior diffusione anche in Italia del fast-food che, paragonato alla dieta mediterranea perde, e di molto, in salute, in qualità ed in gusto.

Utilizzare gli avanzi di un pollo arrosto, un consiglio veloce

Tante volte, capita, ritirandoci tardi la sera dopo una giornata faticosa, di non avere voglia metterci ai fornelli per preparare qualcosa da mettere sotto i denti , ed allora la soluzione più semplice che ci viene in mente è quella di prendere un pratico e veloce pollo arrosto, accompagnato, chissà, da qualche patatina.
Puntualmente ne avanza un po’, ed il giorno dopo ci chiediamo cosa possiamo farne, perché, si sa, il pollo arrosto è buono quando è caldo, riscaldato non è più lo stesso, e le patatine? Non ne parliamo, si afflosciano e diventano mollacchie.

Ebbene ecco un pratico consiglio per recuperare gli avanzi della sera prima, preparando un piatto unico, completo e gustoso: l’insalata di pollo.

Certamente non è una novità, ma è un piatto che ognuno fa a modo proprio, ed io vi propongo la mia versione, semplice e leggera pronta in dieci minuti e pratica, perché si può portare comodamente a lavoro, per uno snack veloce e nutriente.

Come si produce uno degli alimenti più calorici e usati della cucina mondiale: il burro

Quante volte ci è capitato di non mangiare qualcosa perché conteneva del burro? In quante occasioni ci siamo sentiti dire che il burro fa male? Bene, io sono una tra quelli che lo mangia il meno possibile perché atavicamente convinta che sia dannoso per la salute…e per i rotolini! Se ci penso, però, non mi sono mai documentata con serietà al riguardo; credo sia arrivato il momento di farlo, anche perché, diciamocelo in tutta onestà: le cose fatte con il burro, spesso, sono le più buone!

Con il termine burro, si intende quel prodotto ottenuto dalle creme ricavate esclusivamente dal latte di vacca, il cui contenuto in grasso non deve essere inferiore all’82%. Il metodo originario per la produzione della crema di latte ( o panna) è il procedimento che prende il nome di affioramento: il latte intero viene lasciato per circa 12 ore in apposite vasche, in ambiente fresco; a causa del suo peso inferiore, il grasso, affiora e crea, appunto, la crema. Dopo l’affioramento si passa alla sfioratura ossia l’asportazione della crema. Ciò che resta nelle vasche altro non è che il classico latte scremato. Oggi, questo sistema non è più in auge e si arriva alla formazione della panna attraverso la centrifugazione con macchine chiamata scrematrici per la loro funzione di scremare il latte; i risultati sono, praticamente, i medesimi ma il secondo metodo è più pratico…l’eterna lotta tra tradizione e tecnologia!

Una volta ottenuta la crema è necessario pastorizzarla per ridurre la flora batterica e per prolungarne la conservazione (del burro). Dopo essere stata depurata, la crema viene fatte maturare inserendovi dei fermenti particolari cosicchè questa sviluppi il sapore inconfondibile del burro. L’ultimo procedimento prima del confezionamento è quello della burrificazione, uno sbattimento intenso della crema finchè no rassoda o, come è giusto dire, burrifica. Ora il burro è pronto ad arrivare sulle nostre tavole!