Taurasi, un vino campano per impreziosire lo stracotto

Pochi giorni addietro, riguardando delle fotografie, mi sono soffermato su alcune scattate a Caserta Vecchia, l’ameno vecchio borgo medievale della città di Caserta, e, per un attimo, mi è sembrato di essere nuovamente tra quei vicoli.

Ricordo che, in quella particolare occasione, arrivai a Caserta Vecchia, nella tarda mattinata, poco prima dell’ora di pranzo. Il centro era quasi deserto e l’atmosfera che si respirava aveva un non so che di molto pacifico. Dopo una lunga passeggiata, il mio stomaco iniziò a farsi sentire. Mi misi alla ricerca di un ristorante, e trovai un bel posto, all’interno di un atrio in stile medievale.

Non ricordo ne il nome del ristorante ne che piatti ordinai con esattezza, e poco importa, l’unica portata di cui ho un ricordo molto vivo è lo Stracotto al Taurasi . Lo stracotto in genere è un piatto, abbastanza, comune in tutte le regioni italiane, ma quello che rendeva particolare questa pietanza era l’aroma assolutamente esclusivo del Taurasi.

Caffè al cardamono, la spezia dell’amore

Il cardamono (o cardamomo) è un’antica spezia originaria delle foreste tropicali dell’Oriente. La pianta da cui nascono questi semi è della stessa famiglia della pianta dello zenzero. Si dice che crescesse già nei giardini pensili di Babilonia e che fosse stata poi importata in Grecia. Quello che è certo è che sia i greci sia i romani ne facevano già uso nell’antichità soprattutto per la preparazioni di profumi.

Nel celebre “Le mille e una notte” il cardamono viene più volte citato per le sue proprietà afrodisiache ed il forte ed esotico aroma. E’ una delle spezie più costose e in India viene usato nei piatti a base di riso nei giorni di festa ed è un ingrediente del celebre caffè arabo.

Il cardamono si presenta sotto forma di capsule generalmente essicate da cui si estraggono i semi che vanno poi macinati. Il suo aroma forte va d’accordo sia con i cibi salati che con quelli dolci, come le torte al cioccolato, ma è perfetto soprattutto per insaporire tisane, té, caffè o anche cocktail. In Scandinavia ad esempio viene utilizzato per speziare i vini caldi o aromatizzare liquori ad alta gradazione, rendendoli più leggeri da bere.

MacHuevo, Samurai Pork Burger, Maharaja Mac: Storia di McDonald’s dalle origini ai giorni nostri

Il mcDonald’s è ormai diventato un fenomeno sociale: migliaia di adolescenti, bambini e in buona parte anche adulti, amano mangiare il classico hamburger nel fast food più famoso al mondo. In ogni grande centro commerciale non manca il punto ristoro McDonald’s, cosicchè anche chi non è un consumatore abituale di Macmenù ed Happy meal, si trova spesso seduto ad un tavolo con davanti un vassoio pieno di patatine, ketchup e maionese. La strategia economica all’americana colpisce tutti, ma proprio tutti, anche noi italiani. Si, perchè anche i più accaniti sostenitori della buona cucina e della dieta mediterranea almeno una volta nella vita si troveranno a consumare il cibo veloce, tra un acquisto e l’altro o semplicemente perchè i bambini insisteranno per avere il loro tanto agognato happy meal con sorpresa.

Drambuie e Whisky Scozzese. Ecco a voi il Rusty Nail

Provate a immaginarvi le Highlands scozzesi intorno al 500 d.C.: immense distese di erica e colline ricoperte di torba, acqua cristallina che sgorga da fonti e sorgenti montane, campi d’orzo dorato che ondeggia nella brezza estiva. Infine un gruppo di monaci irlandesi giunto qui in visita, portando con sè un procedimento appreso forse in Oriente, forse in Grecia o in India.

Sicuramente a quel tempo le popolazioni locali producevano già una bevanda fermentata poco alcolica, una specie di farina d’avena molto allungata. Ecco, furono questi monaci a trasformare questa bevanda in un’acqua di vita molto alcolica, leggera, pura, ricca d’aroma e gusto: a farne whisky….

5 pentole fondamentali: tutto ciò che vi occorre per cucinare

Batterie da cucina con un’ infinità di pezzi, pentole e padelle che non sappiamo dove mettere, coperchi dalle varie dimensioni che non usiamo mai salvo in rarissime occasioni? Avete mai pensato di ridurre tutto questo pentolame ma davanti alla scelta di quale pentola o padella tenere vi siete fermati? eccovi dei consigli pratici che vi aiuteranno a sintetizzare la vostra batteria da cucina; con soltanto 5 pezzi potremmo cucinare di tutto e soprattutto con un minimo spazio. Ciò che non deve assolutamente mancare è:

Una teglia anti-aderente di diametro medio indicata per cuocere o semplicemente ripassare la verdura, fare delle frittate o cuocere della carne di maiale, del pollo, del pesce o per fare delle deliziose uova strapazzate. Quando si utilizza una teglia antiaderente per fornelli non va messo troppo condimento per la cottura delle carni, del pesce o della verdura; in questo modo si cucinerà in maniera più leggera e con meno grassi e ci vorrà meno tempo al momento della pulizia della teglia.

Si può anche aggiungere dell’olio o del burro durante la cottura della carne o della verdura, ma in nessun caso si deve lasciare cuocere troppo gli alimenti come in una normale pentola. Per preservare il rivestimento, non utilizzare utensili in metallo durante la cottura e, al momento del lavaggio, non utilizzare la lavastoviglie ma lavarla a mano: lasciare la teglia anti-aderente in ammollo per ammorbidire eventuali attaccature residue di cibo e procedere con un panno morbido e detergente liquido non abrasivo.

Le Giare, un ristorante per riscoprire i sapori genuini della terra

Quando mi trovo dalle parti di Messina mi fa sempre piacere tornare in un locale che ho conosciuto qualche tempo fa, grazie alle indicazioni che mi avevano dato alcuni amici della zona. Tale ristorante si chiama Le Giare, e sorge in un paesino a 250 metri sul livello del mare, immerso tra i vicoli stretti del centro abitato di Itala Superiore, piccolo paesino in provincia di Messina, avvolto dall’aroma della legna che crepita nei camini e dal profumo di zagara e di agrumi.

Ricavato da un’antica casa padronale del Settecento, oggi il ristorante è un luogo dove si riassapora la cucina genuina di un tempo. L’ambiente è caldo ed accogliente, i locali sono stati ripresi con buon gusto e la gentilezza del personale invita a tornare più volte. Tra i pregi maggiori, vi è quello, nelle torride giornate estive, di poter gioire della frescura serale sedendosi all’aperto, nel giardino a terrazze che si trova alle spalle del locale o in una piccola terrazza, interna che si affaccia su un vecchio palmento, locale anticamente usato per la produzione di vino.

Oltre che per la buona pizza, questo ristorante è rinomato per la genuinità degli alimenti. Una volta, infatti, parlando con Alfredo, uno dei fratelli che si occupano della gestione del locale, ho avuto modo di sapere che la maggior parte degli ortaggi, utilizzati in cucina, sono coltivati direttamente da loro, nelle campagne poco sopra il paese e che anche il gustoso olio d’oliva, con cui prima avevo condito i miei piatti, è di loro produzione.

La tartrà piemontese, scopriamo le origini di questa ricetta regionale

La tartra o tartrà è una specie di budino salato, preparato con ingredienti poveri e di semplice esecuzione. Le sue origini si perdono nella storia della cucina piemontese: tra gli storici della gastronomia è opinione diffusa che la tartrà sia nata dall’incontro tra la abitudini alimentari saracene e le nostre in un’epoca compresa tra il 900 e l’anno mille.

Oggi in molti ristoranti della regione viene servita come un antipasto raffinato, magari arricchito con salse ed ingredienti diversi, ma in origine era un piatto unico, consumato nelle cascine, in particolare durante i freddi inverni.

Ingredienti:

  • 4 uova intere più due rossi
  • 1/2 l di latte intero fresco
  • 2 dl di panna
  • 3 cucchiai di parmigiano
  • 1 cipolla o la parte bianca di un porro
  • 50 g burro
  • un rametto di rosmarino
  • qualche foglia di salvia
  • un rametto di timo
  • una fogli di alloro
  • un pizzico di noce moscata (facoltativo)
  • sale e pepe

Sfogliatine di funghi ripiene alla crema di noci

pasta

Se siete amanti dei funghi e delle noci, questa è la ricetta che fa per voi. Ghiotte sfogliatine di funghi ripiene alla crema di noci. Un piatto sofisticato, ma non troppo elaborato: é abbastanza semplice da realizzare.

Ecco gli ingredienti per 8 persone:
  • 300 g di pasta sfoglia
  • 1200 g di funghi (porcini, chiodini o champignon)
  • 1 spicchio di aglio
  • sale
  • burro
  • legumi secchi

Filetti di Platessa all’arancia, le proteine del pesce e le qualità degli agrumi

Qualità nutrizionali, digeribilità, rapidità di cottura lo rendono un alimento adatto a tutta la famiglia. Il pesce è costituito dall’80% di acqua e dal 2o% di proteine; è facilmente digeribile e particolarmente ricco di sostanze minerali e vitamine. Per l’elevato contenuto proteico e nutrizionale, il pesce non differisce sostanzialmente dalla carne, ma se le proteine del pesce sono uguali a quelle della carne, la differenza è sostanziale per quel che riguarda i grassi.

Quelli della carne sono saturi e, se ingeriti in eccesso, possono creare disturbi alla circolazione; quelli del pesce sono polinsaturi (della specie Omega 3), importantissimi per lo sviluppo e la difesa dell’organismo umano. La percentuale di grassi varia moltissimo: dallo 0.3% al 14%, fatto che permette di distinguere tre categorie di pesce: magro (meno del 5%), semigrasso (dal 5 al 10%) e grasso (oltre il 10%). I pesci contengono calcio e il rapporto fosforo-calcio è significativamente più favorevole rispetto alle carni.

Per finire, garantiscono un apprezzabile apporto di iodio. Il pesce essiccato (stoccafisso, baccalà, aringa, ecc.), qualunque sia il procedimento impiegato, non perde le sue qualità nutritive e perciò rappresenta un alimento concentrato di elevato valore nutritivo. In genere la carne del pesce è la più digeribile della carne. Il consumo di pesce è particolarmente consigliato per prevenire e per ridurre l’accumulo del colesterolo nel sangue: infatti il pesce è particolarmente ricco di acidi linoleici e linolenici, o acidi grassi insaturi, che con un meccanismo ancora sconosciuto riducono i tassi di colesterolo nel sangue.

Carbonara di zucchine, la variante light e vegetariana di un classico italiano

Qualche estate fa, mi è capitato, dopo una mattinata di mare di essere invitato a pranzo da amici, per un pranzo veloce, estivo senza troppi convenevoli. Aspettando la classica pasta col tonno e pomodorini, immaginerete la mia enorme sorpresa, sentendo nominare la carbonara.

Mi si rizzano le orecchie e lo stomaco si chiude al solo pensiero, ben inteso, sono un grande amante della carbonara, ma con i trenta e passa gradi estivi mi sembra un po’ troppo. Ascolto meglio e scopro allora, con stupore, che non si tratta della normale carbonare, con il guanciale o la pancetta, ma di una versione light in cui il guanciale è sostituito dalla zucchina.

Una volta servita in tavola, mi approccio incuriosito all’assaggio. Ebbene, la carbonara non si smentisce mai, rimane in ogni sua versione un piatto squisito.

Dalla montagna fiorentina: pappardelle al sugo di lepre

Ecco un grande classico della cucina toscana in cui la lepre è assoluta protagonista. La Lepus Europaeus, che appartiene alla famiglia dei leporidi, ha dimensioni medie e forme slanciate, la testa abbastanza piccola con occhi grandi e orecchie lunghe, gli arti posteriori più lunghi e robusti degli anteriori; il corpo è lungo 45/60 cm e pesa, in età adulta, 2.5/5 Kg. La colorazione del mantello è fulvo-grigiastro con tonalità nerastre; le parti interne degli arti ed il ventre sono biancastri. Vive su terreni più o meno coltivati, boschi di latifoglie e misti.

La sua alimentazione è essenzialmente vegetale: erbe fresche e secche, frutta, bacche, semi, funghi, ghiande. Trascorre il giorno al riparo della vegetazione in un covo poco profondo che si scava con le zampe anteriori e che modella con il corpo; esce al crepuscolo e durante la notte per alimentarsi e, nel periodo dei calori, per accoppiarsi. Partorisce 3/4 volte l’anno, dopo una gestazione di 42/44 giorni, da 1 a 5 leprotti per parto; i leprotti, ricoperti di pelo, nascono con gli occhi aperti e sono in grado di muoversi dopo poche ore dalla nascita; vengono allattati per circa 3 settimane, per lo più nelle ore notturne. La maturità sessuale viene raggiunta a 7/8 mesi di età.

E adesso che sapete tutto su questo roditore, “mettetevi di buzzo buono” come si dice a Firenze, cioè armatevi di pazienza e buona volontà, perchè questa è una ricetta piuttosto elaborata ma che ripagherà ampiamente i vostri sforzi!

Bouillabaisse, la zuppa di pesce marsigliese

zuppa

La bouillabaisse è una zuppa di pesce simile al nostro cacciucco: la sua fama ha fatto il giro del mondo ed innumerevoli sono le ricette con cui viene preparata. In origine la bouillabaisse nasce con un pentolone che veniva allestito sulla spiaggia al ritorno dalla pesca nel quale venivano gettati i pesci troppo piccoli o troppo poco pregiati per essere venduti al mercato, come lo scorfano, le cozze più piccole, i granchietti, ed il tutto veniva bollito con olio, pepe e zafferano.

Il nome dovrebbe derivare da “boullir” (bollire) e “abaisser” (abbassare), probabilmente perchè quando inzia a bollire la cottura deve proseguire a fiamma bassa. Nel 1789 la zuppa sbarcò a Parigi ed i ristoranti di lusso la trasformarono in una ricetta elitaria, con l’aggiunta di crostacei come aragosta e pesci più raffinati. La città che più di ogni altra viene indicata come la madre della buoillabaisse è Marsiglia e nel 1980 ne ha depositato il brevetto, per difenderne la ricetta originale.

Le numerose ricette della zuppa sono spesso in contrasto tra loro ma sono tutte abbastanza concordi sul modo di servirla in tavola: il pesce va servito separato dal brodetto. Quest’ultimo può essere messo in tavola su un fornello scaldavivande o su delle fette di pane abbrustolite e strofinate con l’aglio. I pesci che vengono usati più comunemente sono lo scorfano o la rana pescatrice, l’aragosta, il San Pietro, il grongo, il ragno, il pesce cappone e se volete anche delle triglie. Basta che ci siano almeno quattro tipi di questi pesci, in base al pescato del giorno.

Come fare il tiramisù: mascarpone, uova e cioccolato per un pieno di energia!

Non si conoscono con certezza le origini geografiche del tiramisù: a contendersene la paternità ben tre regioni: la Toscana, il Piemonte ed il Veneto. Attorno a questo dolce sono nate numerose leggende, legate alle sue ipotetiche virtù afrodisiache.

La versione ufficiale, riconosciuta a larga maggioranza, vuole che il tiramisù nasca a Siena, nel XVII secolo e sia stato preparato in onore del granduca di Toscana Cosimo de’ Medici, goloso di dolci. I pasticceri volevano preparare un dolce che rispecchiasse la personalità del duca: gustoso ma non troppo elaborato, un qualcosa di grande con ingredienti semplici. Così nacque il tiramisù, il cui nome originario era zuppa del duca, proprio in onore di Cosimo dei Medici.
Fu proprio lui a portarlo da Siena a Firenze, e da lì si diffuse in tutta Italia, soprattutto fra i nobili, che gli attribuivano proprietà afrodisiache. E poprio da questa “associazione di idee” sembrerebbe derivare l’attuale nome Tiramisù (…).

La versione non ufficiale, invece, narra che a inventare il Tiramisù sia stato un pasticcere torinese in onore di Camillo Benso conte di Cavour, per sostenerlo nella sua difficile impresa di unificare l’Italia.
Anche il Veneto ha una sua versione in merito: sembra che il tiramisù sia stato inventato nel ristorante “el Toulà” di Treviso situato all’epoca nei pressi di una casa chiusa e servito appunto per “tirare su”.

Highball, Tumbler, Flûte: come trovare il bicchiere giusto per ogni bevanda

Vi è mai capitato di trovarvi seduti ad una tavola ben apparecchiata, ed avere di fronte innumerevoli bicchieri, ed essere assaliti dalla confusione, perché non sapete quale usare per l’acqua e quale per il vino?

Per ogni tipo di bevanda esiste un bicchiere appropriato, con una forma e delle caratteristiche specifiche che tendono ad esaltare le caratteristiche di ciò che beviamo. Non è solo in occasione di cene di una certa importanza che utilizziamo svariati tipi di bicchieri ma, anche, nell’intero corso di una normalissima giornata.

Prendiamo ad esempio una classica giornata di lavoro, a metà mattina, facciamo una pausa, scendiamo al bar e prendiamo un té freddo o un succo di frutta, il barista ci porgerà un bicchiere tipo: highball, un bicchiere dal bordo alto e dalla forma cilindrica, del volume giusto per contenere un’intera bottiglietta di succo di frutta. Questo tipo di bicchiere è usato anche per la preparazione dei long drink.