La foto non rende molto onore a ciò che la minestra maritata è davvero, un piatto classico, saporito, caldo e antico, un piatto povero e al tempo stesso ricco, ma di tradizioni e storia. Il modo in cui viene chiamata questa minestra, maritata, deriva proprio dal fatto che le verdure e la carne si “maritano”, si sposano, in un connubio perfetto, per dar vita a un piatto davvero saporito, proprio nel senso di ricco di sapori, ricchezza di gusto.
La ricetta è mutata nel tempo, e infatti il mascariello, ovvero la guancia del bue, che trovate in ricetta, così come l’orecchio di maiale sono ormai stati sostituiti da parti di carne, soprattutto di maiale, come la cotica, che servono ad insaporire le verdure. Ci sono dei tagli di carne che si sono persi nel tempo, ma secondo me esiste ancora qualche nonna che prepara la minestra maritata con l’orecchio di maiale e il mascariello. Anche per le verdure il discorso è particolare, infatti, nel napoletano, sono i fruttivendoli (o ortolani) che si preoccupano di selezionare le verdure e dividerle in mazzetti, in modo da dare la giusta quantità (e qualità) di verdure a seconda delle persone per cui si prepara la minestra, considerando che queste verdure vanno poi anche pulite. I classici sono la scarola, la verza, la cicoria, la borraggine e l’ortica. In ricetta è citata anche la torzella, un particolare tipo di cavolo, riccio, detto anche cavolo greco.
Le dosi non sono segnalate, e non lo sono proprio nel mio libro di cucina napoletana. Questo accade spesso per le ricette tipiche della cucina napoletana, come ho già raccontato più volte, sia perchè molte preparazioni sono state tramandate oralmente, quindi sono rimasti solo gli ingredienti, senza le dosi; sia perchè la cucina napoletana è una cucina che tende ad andare molto ad occhio, come tutta la cucina tradizionale: a seconda della tavolata, del cibo, delle consistenze e dei sapori si definiscono le quantità, al momento. Mia nonna sapeva di quante verdure aveva bisogno, se la minestra la mangiavamo in 7, in 10 o in 15, senza che ci fosse bisogno di pesare mai niente.