Prepariamo la fonduta mongola

La fonduta mongola è la preparazione conviviale per eccellenza della cucina cinese: la famiglia e gli ospiti si riuniscono attorno alla pentola di ottone, munita di un braciere e con le bacchette immergono i cibi crudi nell’acqua calda, ritirandoli velocemente per poi intingerli nelle salse d’accompagnamento: più ricco è l’assortimento dei cibi da cuocere, più gustosa sarà la zuppa che a fine pasto verrà versata dalla pentola nella ciotola di ogni commensale.

Questo piatto, introdotto a Pechino nel 1600, pare abbia avuto origine dall’abitudine di alcuni popoli nomadi della Mongolia di riunirsi a fine giornata attorno al fuoco del loro accampamento: messa a scaldare l’acqua per la cena negli elmi di metallo rovesciati, vi intingevano i cibi crudi ottenendo così una cottura rapida ed efficace ed alla fine sorbivano la zuppa ristoratrice.

Questa versione della fonduta mongola contempla il carrè d’agnello: fate attenzione a richiedere in macelleria un carrè che abbia un filetto del diametro di almeno 4-5 centimetri; non vanno bene gli agnelli da arrostire interi come quelli, ad esempio, di provenienza sarda. In alternativa possono essere utilizzati tutti i tipi di carne per la cottura nel brodo.

Proviamo i Karpfelach, ravioli israeliani

Le paste ripiene, arrivate in tempi remoti dal lontano Oriente- sono i Tartari, infatti, a rivendicarne la paternità- pur tanto diffuse nelle aree continentali, non sono ancora riuscite a divenire parte integrante della cultura alimentare delle fasce costiere del Mediterraneo: l’unica eccezione sono i ravioli diffusi nelle aree ad influenza araba ed in Israele, ed è proprio una ricetta ebraica, più vicina forse ai gusti occidentali, quella che vi proporrò.

Alla base della ricetta troviamo dunque i ravioli, che secondo fonti attendibili ma non risolutive paiono esser stati inventati a Gavi Ligure nel medioevo (quando faceva parte della Repubblica Genovese) da una famiglia Raviolo, cognome che sopravvive anche ai giorni nostri: infatti a Gavi esiste tutt’oggi una “Confraternita del Raviolo e del Gavi” con tanto di divisa che ha lo scopo di propagandare la ricetta originale del raviolo.

Effettivamente i ravioli erano già adoperati nell’alto medioevo, e se è difficile stabilire storicamente una data di nascita precisa, certo è che già in Giovanni Boccaccio troviamo traccia del loro uso: “…niuna altra cosa facevano che far maccheroni e raviuoli e cuocergli…”. Vediamo ora come praparare questi robusti ravioli con ripieno di carne manzo e spinaci, ovverosia Karpfelach!

Dalla Sardegna: Triglie alla vernaccia

Le triglie di scoglio si riconoscono facilmente poichè hanno un bel colore rosso vivo, talvolta 3 o 4 linee orizzontali gialle lungo i fianchi e, unico segno sicuro, delle strisce rosso-brune sulla prima pinna dorsale, quella cioè più vicina alla testa. Le triglie di fango o di rena, invece, sono inferiori quanto a qualità, ma si possono utilizzare per fare dei sughi per la pasta e per insaporire le zuppe; inoltre, sono la varietà da utilizzare se vogliamo friggerle, comprese quelle assai piccole che si pescano da metà agosto alla prima decade di settembre.

La triglia non ha fiele ed ha un ottimo fegato, per cui è consigliabile non sventrarla (non per niente i nostri “cugini” francesi chiamano la triglia “beccaccia di mare”): semmai è consigliabile eliminare le branchie qualora fossero sporche di fango. Il periodo della pesca delle triglie è tutto l’anno, ma il migliore, qualitativamente, è sicuramente quello che copre per intiero i mesi di settembre ed ottobre.

La ricetta delle triglie alla Vernaccia che presento non è di per sè propria della Sardegna, ma lo diventa nella misura in cui andremo ad aggiungere alla ricetta base il pangrattato e la scorza di limone grattata, secondo un uso tipicamente cagliaritano, ma esteso a tutta l’isola.

Un piatto primaverile, fresco, nutriente e leggero al tempo stesso, le Penne alle zucchine e Philadelphia

Iniziano le belle giornate di sole, il clima diventa più mite ed anche l’alimentazione quotidiana subisce dei cambiamenti.

Si comincia a pensare al mare ed il teporino di queste giornate ci spinge ad alimentarci con cibi più freschi e leggeri, le carni lasciano spazio al pesce e alle verdure, e zuppe e minestre vengono sostituite dai piatti di pasta.

La pasta è sempre il piatto migliore, veloce, leggero, se non si eccede nel condimento, e dagli ottimi principi nutritivi. Vi svelo un’ottima ricetta, molto adatta alle belle giornate che stanno iniziando ad arrivare, per preparare le penne rapidamente e in modo da non appesantirvi, le Penne alle zucchine e philadelphia.

I differenti tipi di lievito: di birra, chimico e il bicarbonato

lievito

Scegliendo tra i lieviti disponibili e utilizzando il più adatto, è possibile realizzare pani e dolci più soffici. Le modalità del loro impiego variano da lievito a lievito. Ecco qualche utile notizia in proposito.

I lieviti di birra: vengono in genere utilizzati per la pasta di pane, le brioche e i pasticcini lievitati, le pizze e tra questi vanno distinti:
  • Il lievito di birra fresco: È un lievito che si deteriora con grande facilità e che va quindi conservato in frigorifero. Si presenta come un panetto di colore grigio-giallastro e di consistenza morbida. A volte, può apparire leggermente più secco, caratteristica dovuta alle modalità di conservazione del lievito che, comunque, non ne compromette l’ azione; bisogna, invece, rispettare la data di scadenza sulla confezione.
  • Il lievito di birra liofilizzato:Si tratta di normale lievito di birra, sottoposto a processo di liofilizzazione. Tale trasformazione allunga notevolmente la “vita” del lievito, che si può conservare anche per un anno. Controllate comunque la data di scadenza sulla confezione. Altra differenza importante rispetto al lievito di birra fresco sta nel fatto che quello liofilizzato va mescolato agli altri ingredienti prima di unire il liquido previsto dalla ricetta.

Cultura culinaria: un libro di ricette casertane

E’ da poco uscito in edicola e libreria per i tipi de Il raggio di luna editore il libro “Le ricette di Terra di Lavoro” di Maristella Di Martino che, dopo “Le ricette di Salerno” e “Le ricette dell’Irpinia”, torna a raccontare la cucina del territorio.

Assoluto protagonista è stavolta il Casertano, di cui l’enogastronoma raccoglie ricette raccontate dagli chef dei migliori ristoranti ed agriturismi, ricostruendo l’identità a tavola del comprensorio attraverso la tradizione secolare e la ricerca degli ultimi anni.

Per dare un’idea della mole del lavoro, così imponente da meritarsi una recensione su Ginger&Tomato, basterà citare le 520 ricette: 50 zuppe ed altrettante verdure, 100 tra pasta e sughi, altrettante tra carni e formaggi, 15 tra uova e frittate, 70 dolci e 40 varie, oltre ad un ricco capitolo sulla cucina delle stagioni che contiene ben 95 piatti.

Fettuccine pistacchi e ricotta, un connubio perfetto

L’usanza della coltivazione e del consumo dei pistacchi arriva dai Paesi Arabi, in questi paesi, infatti, è abitudine molto antica mangiare i semi di pistacchio abbrustoliti. La tradizione vuole che durante le passeggiate, si acquistino dai tipici venditori ambulanti i pistacchi, da consumare lungo il tragitto come passatempo.

Oggi la coltura del pistacchio si è diffusa soprattutto in Tunisia e in Sicilia, dove sono emigrati anche gli usi. In Sicilia durante le processioni delle feste religiose è tipico incontrare per strada le bancarelle che vendono il cosiddetto “scacciu”, cioè la frutta secca e tostata da schiacciare sotto i denti, tra cui, ovviamente, i pistacchi.

Dei pistacchi si fa un grande uso negli aperitivi e come ingrediente per la preparazione dei dolci, soprattutto per il gusto di gelato che si ottiene dalla lavorazione di questi frutti, ma il suo sapore delicato si presta molto bene, anche, alla preparazione di piatti salati. Oggi vi proponiamo un primo molto semplice da preparare e dai sapori delicati, le Fettuccine alla ricotta e pistacchi.

Spaghetti che avanzano: Pizzette di Nidi di pasta, divertiamoci in cucina

Se vi avanzano degli spaghetti, magari, perché all’ultimo momento si sono presentate meno persone del previsto in tavola, evitate di buttarli e ricordatevi sempre che in cucina vige il detto: non si butta via niente!

La pasta avanzata è un ottimo ingrediente per preparare altri piatti, fantasiosi e gustosi che evitano di far sprecare alimenti divenuti, ormai, preziosi, visto il loro costo.

Al tonno, col sugo o al ragù, non importa, la ricetta che vi suggerisco può esser fatta con qualsiasi tipo di spaghetti avanzati, è un idea divertente e molto duttile, visto che può essere sia un antipasto, che un primo, e, perché no, anche un’ottima porzione da finger food! Usiamo gli spaghetti avanzati per preparare delle Pizzette di Nidi di pasta.

A tavola con il Gattopardo

Chi è rimasto affascinato dalle atmosfere risorgimentali narrate con dovizia di particolari da Tomasi di Lampedusa dovrebbe fare una capatina da Roberto e Ada, titolari del ristorante “Il Gattopardo“, situato all’interno di una dimora nobiliare dei primi del ‘900, nella provincia siracusana di Noto.

A tavola scelgo integrale: farro, avena e orzo

Con i cereali non raffinati, porti in tavola il benessere: farro, orzo & C. prevengono importanti patologie, combattono lo stress e ti regalano una sferzata di vitalità. L ‘umore non è al top? Porta in tavola i cereali integrali. Un team di ricercatori della Cardiff University, in Inghilterra, ha scoperto che i loro chicchi sono un vero e proprio antidoto contro la tristezza: per due settimane, gli scienziati hanno somministrato a 142 volontari abbondanti colazioni a base di cereali integrali. Il risultato? Meno stress, umore più stabile, più energia e maggiore capacità di concentrazione.

Del resto, le proprietà «attiva buonumore» dei cereali integrali sono note da tempo: farro, orzo, avena & C., infatti, sono una fonte naturale di triptofano, un aminoacido che stimola la produzione di serotonina, il neurotrasmettitore responsabile del relax e del benessere. I cereali integrali, però, non regalano solo vitalità e buonumore.

«Numerosi studi scientifici dimostrano che, grazie all’elevato contenuto di fibre, il consumo regolare di questi alimenti è in grado di proteggere l’apparato cardiovascolare, ma anche di ridurre il rischio di tumori e diabete», spiega la dottoressa Pia Waldthaler, dietista a Milano. In particolare, la buccia dei chicchi è un concentrato di sostanze benefiche. «I cereali integrali non subiscono la raffinazione, cioè il processo attraverso il quale i chicchi vengono privati della scorza e del germe, ricchi di nutrienti preziosi per l’organismo», prosegue la dottoressa Waldthaler «Quindi contengono una maggiore quantità di fibre, ma anche di vitamina E, vitamine del gruppo B e minerali, come lo zinco, il magnesio, il fosforo, il rame e il selenio».

Lasagne ai carciofi: leggere, gustose e pronte in poco tempo

I soliti piatti possono sempre stancare. Anche quando parliamo di lasagne, un piatto d’eccellenza della cucina italiana, avere parecchie varianti a disposizione, può aiutarci a risolvere una cena in modo non troppo banale. Abbiamo già visto come sia facile preparare alcune semplici versioni, lelasagne al pesto, per esempio, o le con lasagne al radicchio, o le lasagne al pesce.

Non sempre è necessario prepararle alla maniera tradizionale, soprattutto se poi si vuol proseguire il pasto con altri piatti, e quindi ogni modifica che preveda le verdure invece delle lasagne al classico ragù sono benvenute, quando c’è un’esigenza di maggior leggerezza a tavola.

Tra le varie ricette, alcune più leggere altre più sostanziose, ad esempio un modo per “snellire” le lasagne è quello di usare come condimento i carciofi, ortaggio utilizzato, tra le altre cose, anche per le sue proprietà digestive.

Impariamo i segreti della cucina reggiana

A Reggio Emilia inizierà il 1 aprile una serie di 5 cinque incontri a cadenza settimanale organizzati dalla Sesta Circoscrizione e in collaborazione con il Circolo Maestri di Cucina Reggiana che avranno come obiettivo l’esaltazione della tradizionale cucina reggiana.
I protagonisti, nonchè insegnanti d’occasione, saranno alcuni degli chef più rinomati del territorio e si alterneranno dietro i fornelli per mostrare come cucinare tagliatelle, lasagne, cappelletti, quadretti con fegatini e altre specialità tipiche di una delle terre ai primi posti in classifica dal punto di vista culinario. Ogni lezione si dividerà in una parte teorica, esercitazioni pratiche e finalmente una meritata degustazione… nel bene o nel male… dei piatti realizzati. Ogni partecipante avrà a disposizione una propria postazione di lavoro attrezzata con tagliere e matterello.

Lasagne al pesto: una variante gustosa del classico piatto emiliano

Le lasagne al pesto costituiscono un’alternativa davvero gustosa ed originale alle classiche e sempre appetibili lasagne col ripieno di carne. La lasagna è propriamente una pasta all’uovo tagliata in grossi quadrati, o rettangoli, usati soprattutto per pasticci al forno. E’ un prodotto tipico di Marche ed Emilia Romagna, ma di tutto il centro Italia in generale, dove il piatto più conosciuto che ci si prepara sono le lasagne al forno.
La guida del 2003 del Touring Club Italia, “L’Italia della pasta”, ci informa che se nel nord Italia il termine può indicare anche strisce lunghe e larghe (circa 2 cm) di pasta all’uovo, da consumare quasi sempre asciutte, e più raramente nei minestroni, nel sud Italia il termine lasagne o sagne viene usato alternativamente a lagane per indicare strisce lunghe e larghe ricavate da un impasto di semola di grano duro e acqua. In Puglia e Basilicata si usano le sagne ‘ncannulate cioè attorcigliate girandole intorno ad un supporto cilindrico in forna elicoidale. Nella cucina campana e nella cucina siciliana la besciamella viene spesso sostituita con ricotta fresca e i condimenti vengono appesantiti con l’introduzione di uova sode, polpettine di carne fritte, formaggi semiduri ed ortaggi.

Un menù informale con le ricette di Ginger & Tomato

Un problema che ci poniamo in molti, quando dobbiamo organizzare un pasto informale per una riunente di amici o parenti, riguarda sicuramente il menù.

Io in primo luogo, mi pongo questo problema: informale si, ma vorrei cucinare qualcosa di un po’ particolare, senza esagerare, ma non vorrei che gli invitati mangiassero dei piatti che, forse, hanno quasi tutti i giorni in tavola.

In secondo luogo, si presenta il problema di comporre il menù, a partire da uno spuntino iniziale e finendo con un dessert semplice da preparare. Cercare di ricordare i gusti di tutti e non fare dei piatti con degli ingredienti che possano risultare sgraditi a qualcuno.