Zuppa di zucca, quando fuori fa troppo freddo per uscire

Non so nelle vostre città, ma qui a Palermo, dove io vivo, in questi giorni ha fatto un po’ di freddo. Le nuvole si sono alternate con il sole e con la pioggia. Insomma nulla invitava a metter piede fuori casa.

Ben comodo, al calduccio di casa mia, non sentivo proprio la necessità di uscire. Anche se dopo una settimana passata in casa, una seratina fuori, magari al ristorante, per assaggiare qualche piatto goloso, ci sarebbe stata, anche, bene.

Ma perché uscire, piove! …fa freddo! Vediamo un po’ quali sorprese riserva il frigorifero per una bella cenetta in casa, con un bel bicchiere di vino. In fin dei conti cucinare mi piace e qualche buona ricetta si trova sempre.

Il Cibreo: un piatto… regale!

Caterina de’ Medici ne andava pazza: si racconta che più volte la Regina fiorentina ne fece indigestione e che tentò di esportarlo in Francia come altri piatti della sua terra, quando le toccò finire in sposa per ragion di Stato al re di Francia, ma senza il successo che ottennero ad esempio l’anatra all’arancia e la zuppa di cipolle (per non dire della forchetta, di cui in Francia ignoravano l’uso): e in effetti il piatto di cui parliamo oggi, il cibreo, non è pietanza per tutti i palati: c’è chi lo adora e chi non può neppure sentirne l’odore, comunque nessuno vi rimane indifferente.

Il cibreo è dunque un piatto rinascimentale, a base di pollo, che nasce povero ma viene impreziosito dai cuochi di corte di una Regina molto amante della buona tavola: oggi pochi ristoranti lo servono, ma fra questi uno è certamente eccellente e giustamente rinomato: il “Cibreo” dello chef Fabio Picchi a Firenze, che dal nostro piatto prende addirittura il nome.

Noi però preferiamo che siano i nostri lettori a provare e sperimentare autonomamente questa leccornia che può essere servita come secondo ma anche come antipasto, ragion per cui passiamo subito a darne la verace ricetta originale!

Le Giare, un ristorante per riscoprire i sapori genuini della terra

Quando mi trovo dalle parti di Messina mi fa sempre piacere tornare in un locale che ho conosciuto qualche tempo fa, grazie alle indicazioni che mi avevano dato alcuni amici della zona. Tale ristorante si chiama Le Giare, e sorge in un paesino a 250 metri sul livello del mare, immerso tra i vicoli stretti del centro abitato di Itala Superiore, piccolo paesino in provincia di Messina, avvolto dall’aroma della legna che crepita nei camini e dal profumo di zagara e di agrumi.

Ricavato da un’antica casa padronale del Settecento, oggi il ristorante è un luogo dove si riassapora la cucina genuina di un tempo. L’ambiente è caldo ed accogliente, i locali sono stati ripresi con buon gusto e la gentilezza del personale invita a tornare più volte. Tra i pregi maggiori, vi è quello, nelle torride giornate estive, di poter gioire della frescura serale sedendosi all’aperto, nel giardino a terrazze che si trova alle spalle del locale o in una piccola terrazza, interna che si affaccia su un vecchio palmento, locale anticamente usato per la produzione di vino.

Oltre che per la buona pizza, questo ristorante è rinomato per la genuinità degli alimenti. Una volta, infatti, parlando con Alfredo, uno dei fratelli che si occupano della gestione del locale, ho avuto modo di sapere che la maggior parte degli ortaggi, utilizzati in cucina, sono coltivati direttamente da loro, nelle campagne poco sopra il paese e che anche il gustoso olio d’oliva, con cui prima avevo condito i miei piatti, è di loro produzione.

Carbonara di zucchine, la variante light e vegetariana di un classico italiano

Qualche estate fa, mi è capitato, dopo una mattinata di mare di essere invitato a pranzo da amici, per un pranzo veloce, estivo senza troppi convenevoli. Aspettando la classica pasta col tonno e pomodorini, immaginerete la mia enorme sorpresa, sentendo nominare la carbonara.

Mi si rizzano le orecchie e lo stomaco si chiude al solo pensiero, ben inteso, sono un grande amante della carbonara, ma con i trenta e passa gradi estivi mi sembra un po’ troppo. Ascolto meglio e scopro allora, con stupore, che non si tratta della normale carbonare, con il guanciale o la pancetta, ma di una versione light in cui il guanciale è sostituito dalla zucchina.

Una volta servita in tavola, mi approccio incuriosito all’assaggio. Ebbene, la carbonara non si smentisce mai, rimane in ogni sua versione un piatto squisito.

Dalla montagna fiorentina: pappardelle al sugo di lepre

Ecco un grande classico della cucina toscana in cui la lepre è assoluta protagonista. La Lepus Europaeus, che appartiene alla famiglia dei leporidi, ha dimensioni medie e forme slanciate, la testa abbastanza piccola con occhi grandi e orecchie lunghe, gli arti posteriori più lunghi e robusti degli anteriori; il corpo è lungo 45/60 cm e pesa, in età adulta, 2.5/5 Kg. La colorazione del mantello è fulvo-grigiastro con tonalità nerastre; le parti interne degli arti ed il ventre sono biancastri. Vive su terreni più o meno coltivati, boschi di latifoglie e misti.

La sua alimentazione è essenzialmente vegetale: erbe fresche e secche, frutta, bacche, semi, funghi, ghiande. Trascorre il giorno al riparo della vegetazione in un covo poco profondo che si scava con le zampe anteriori e che modella con il corpo; esce al crepuscolo e durante la notte per alimentarsi e, nel periodo dei calori, per accoppiarsi. Partorisce 3/4 volte l’anno, dopo una gestazione di 42/44 giorni, da 1 a 5 leprotti per parto; i leprotti, ricoperti di pelo, nascono con gli occhi aperti e sono in grado di muoversi dopo poche ore dalla nascita; vengono allattati per circa 3 settimane, per lo più nelle ore notturne. La maturità sessuale viene raggiunta a 7/8 mesi di età.

E adesso che sapete tutto su questo roditore, “mettetevi di buzzo buono” come si dice a Firenze, cioè armatevi di pazienza e buona volontà, perchè questa è una ricetta piuttosto elaborata ma che ripagherà ampiamente i vostri sforzi!

La ricetta delle orecchiette alle cime di rapa, dal paese della “pizzica”

Taranta, pizzica, chiese barocche, olio, mare, trulli e negroamaro sono tutte cose che fanno pensare ad un paese molto conosciuto per la sua bellezza sia storica che naturalistica: la Puglia. Terra natale di personaggi del calibro di Lino Banfi e di gruppi come i Sud Sound System e dei Negramaro, magnifico scenario per la serie tv del “il giudice Mastrangelo“, con Diego Abatantuono, quando si parla di Puglia è, però, inevitabile pensare alle orecchiette alle cime di rape.

Le cime di rapa, sono delle specie tardive di broccolletti, ed essenzialmente sono i primi germogli fiorali, che vengono asportati, per far si che la pianta ne possa produrre di nuovi. La maniera più comune in cui vengono cucinate è “strascicate” in padella, e cioè, prima sbollentate e poi saltate in padella con olio ed aglio, ed è proprio con le cime di rapa strascicate che si condiscono le famose orecchiette.

L’orecchietta è indubbiamente il formato di pasta che istantaneamente fa pensare alla Puglia, territorio dai sapori genuini e semplici. Questo tipo di pasta solitamente veniva fatto in casa, l’impasto è fatto con semola di grano duro macinata finemente, modellata poi in cordoni, da cui si ottengono degli gnocchetti, che, con un abile colpo di pollice, vengono modellati in una specie di piccola conchiglia. Tradizionalmente, tali conchiglie erano strascinate su un pezzo di legno ruvido, per far si che avessero la superficie rugosa per meglio assorbire i condimenti.

Utilizzare gli avanzi di un pollo arrosto, un consiglio veloce

Tante volte, capita, ritirandoci tardi la sera dopo una giornata faticosa, di non avere voglia metterci ai fornelli per preparare qualcosa da mettere sotto i denti , ed allora la soluzione più semplice che ci viene in mente è quella di prendere un pratico e veloce pollo arrosto, accompagnato, chissà, da qualche patatina.
Puntualmente ne avanza un po’, ed il giorno dopo ci chiediamo cosa possiamo farne, perché, si sa, il pollo arrosto è buono quando è caldo, riscaldato non è più lo stesso, e le patatine? Non ne parliamo, si afflosciano e diventano mollacchie.

Ebbene ecco un pratico consiglio per recuperare gli avanzi della sera prima, preparando un piatto unico, completo e gustoso: l’insalata di pollo.

Certamente non è una novità, ma è un piatto che ognuno fa a modo proprio, ed io vi propongo la mia versione, semplice e leggera pronta in dieci minuti e pratica, perché si può portare comodamente a lavoro, per uno snack veloce e nutriente.

Pesto alla trapanese, viva la pappa…col Pomodoro.

Buono, fresco, nutriente e va su tutto, di che parlo? Ma del pomodoro ovviamente.
Nella cucina italiana è usatissimo, la sua presenza è d’obbligo nei piatti nazionali più famosi: negli spaghetti, nella pizza, nel ragù un ingrediente che non può mancare è il pomodoro.

Semplicissimo da mangiare, basta semplicemente sciacquarlo ed è proto, preparare un insalata di pomodori è la cosa più veloce e gustosa che si possa fare, anche per chi non ha mai messo piede in cucina. Un ortaggio tipicamente estivo che evoca il sole, il suo profumo è un richiamo alla bella stagione. Una pietanza leggera e dissetante che ben si coniuga al caldo dell’estate, una caprese o una semplice insalata di pomodorini e basilico, nei mesi di luglio e agosto, sono delle pietanze perfette, nutrienti e ricche di sali minerali.

Individuato da tutti come un ortaggio tipicamente mediterraneo, in realtà, il pomodoro, arriva dalle regioni tropicali e sub-tropicali del Sud America. Il suo nome d’origine deriva dall’azteco “xitomate” o “zitomate”, da cui l’inglese tomato, e la storia del suo arrivo fino alle coste Europee ricorda un po’ quella del cacao.
Il pomodoro arriva, infatti, in Europa grazie ai dominatori spagnoli intorno la fine del cinquecento.
I posti dove più si diffuse il pomodoro furono Napoli e la Sicilia, dove ancora oggi l’agricoltura e la cucina conserva dei forti legami con questo frutto della terra. Tra le ricette Italiane in cui viene utilizzato il pomodoro, le più antiche sono, appunto, quelle siciliane, in cui il pomodoro è usato principalmente come condimento per la pasta.

Friggere con meno olio, in modo sano e gustoso

fritto

Penso che poche cose siano gustose quanto le fritture, ma spesso vengono evitate per motivi di dieta. Come fare quindi per gustarsi una buona frittura senza sentirsi continuamente in colpa? Basta seguire delle semplici indicazioni e scegliere con cura gli alimenti da friggere: i funghi ad esempio contengono poche calorie ed anche aggiungendovi quelle dell’olio e dell’impanatura non possono certo essere considerati bombe caloriche. Lo stesso vale per il resto delle verdure.

Innanzitutto è necessario sapere che ogni alimento va fritto in un modo specifico: è possibile friggere al naturale, con un’infarinatura, con un’impanatura o in pastella. La frittura al naturale è perfetta per le uova e le patate ed è il metodo più semplice in quanto basta immergere l’alimento nell’olio. L’infarinatura è il modo più adatto per friggere verdure come le melanzane, piccoli pesci e molluschi poichè così non ne viene coperto troppo il sapore dall’uovo. L’impanatura è la modalità di frittura più classica: l’alimento va passato prima nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato prima di tuffarlo nell’olio conferendogli così il tipico colore dorato del fritto. Alcuni preferiscono infarinare anche l’alimento prima di passarlo nell’uovo sbattuto: in questo modo l’impanatura si gonfia maggiormente e diventa più croccante. Questo tipo di frittura è perfetto per il pollo ad esempio.

Verdura e frutta sono ottime fritte in pastella: quest’ultima può essere preparata in svariati modi. Obbligatori sono la farina e le uova, poi c’è chi usa il latte e chi l’acqua. Io personalmente ritengo che le migliori pastelle vengano con la birra o, in mancanza di quest’ultima con dell’acqua gassata.

Come usare la pasta del giorno prima

Non so voi, ma a me succede spesso di non sapermi regolare sui quantitativi di pasta da calare per poter fare delle porzioni adeguate, con gli spaghetti esagero sempre perché, ogni volta, quando li vedo crudi, mi sembrano sempre pochi, ed allora ne aggiungo puntualmente un altro po’, risultato: vengono dei piattoni esagerati e il condimento non è mai sufficiente.

Così mi capita che a tavola, fatte le porzioni, ne restano una o due di troppo, e non sono in grado di gettarle nella spazzatura, il gesto di buttare il cibo lo vivo con difficoltà, mi sembra di fare un torto a chi non se lo può permettere. Conservo, quindi, la pasta avanzata in frigorifero pensando di mangiarla il giorno successivo.

Ho provato spesso a riscaldarla in padella con un po’ d’olio, ma non è lo stesso che mangiare la pasta appena fatta, o diventa eccessivamente “croccante” o, se per caso, il giorno prima, è stata scolata un po’ troppo tardi, diventa uno di quei papponi stile americano.

Curarsi con l’aglio: la bagna cauda

Nel corso dei secoli, l’aglio, dal latino Allium Sativum è stato usato per curare numerosi malanni, più o meno gravi.
Alla luce dei moderni studi, per alcuni di questi, come la caduta dei capelli, l’epilessia o addirittura la sterilità non si è riusciti a spiegarne l’utilizzo, dal momento che non darebbe nessun risultato.

Ciononostante, negli ultimi 50 anni è stato provato che l’aglio, è utilissimo nella prevenzione e nella terapia contro alcune malattie fortemente debilitanti come l’arteriosclerosi ed i problemi cardiovascolari, inoltre rappresenta un utile alleato per chi soffre di pressione alta e tonifica il muscolo cardiaco.
Ma questi sono solo alcuni dei molteplici effetti positivi che derivano dall’uso costante e metodico dell’aglio: i principi attivi dell’aglio, infatti, vengono trasportati per tutto il corpo umano tramite il sangue entrando in contatto con gli organi principali ed esercitando la sua attività antibatterica, disinfettante e diuretica.

Crêpes alla nutella, panna montata e cocco. E un po’ di storia…

crepe

La crêpe è una cialda sottile, preparata con farina, latte, uova e burro e fatta cuocere, alternativamente su entrambi i lati, su una superficie rovente, dalla più comune padella alla crêpiera professionale. Il nome crêpe deriva dal latino crispa, che significa increspato. Al di là della distinzione fra variante salata e crêpes dolci, una più sottile demarcazione viene operata in Francia sulla base del tipo di farina utilizzato: farina di frumento o farina di grano saraceno (la cosiddetta farina di grano nero). In genere la prima viene destinata alla preparazione delle crêpes dolci, le seconda ad un impasto salato.

Malgrado si consideri una specialità francese, la crêpe ha degli equivalenti in numerosi altri Paesi: l’injera in Etiopia, la tortilla in Messico, la dosa in India e il talo nei Paesi Baschi. In Italia si possono gustare delle ottime crêpes soprattutto nel Salento, in Puglia, dove è la variante dolce ad aver avuto la meglio. Nei numerosi chioschi presenti per le strade di Lecce, Otranto, Gallipoli e nella maggioranza dei comuni della zona, si possono gustare delle squisite crêpes ripiene di cioccolata, panna, crema di whisky e cosparse con noccioline, torrone, cereali, polvere di cocco. Ce n’è per tutti i gusti. Ma per chi è lontano dalla terre del Salento, oggi propongo la ricetta delle crêpes dolci, da fare e gustare comodamente a casa!

L’olio d’oliva: vergine, extra vergine, greggio, raffinato. Impariamo a conoscerlo.

È il condimento che nella nostra cucina viene usato quotidianamente su tutte le pietanze, è un caposaldo della dieta mediterranea e l’Italia è il secondo produttore europeo, parliamo dell’olio d’oliva.

La produzione d’olio d’oliva nella nostra nazione perde le sue radici in tempi molto lontani, basti pensare che, ancora oggi, l’olio si produce con le stesse tecniche usate nell’età mesolitica anche se, ovviamente, modernizzate.

L’ulivo è una pianta tipica del Mediterraneo, ed infatti, i maggiori produttori d’olio sono Grecia, Spagna e Tunisia, ma l’olio italiano è uno tra i più pregiati per le sue qualità organolettiche, ed è per questo che spesso è oggetto di frodi.

Koriatiki salada (insalata greca) e Tzatziki. Sapori mediterranei

Mare di cristallo, uliveti centenari, profumati alberi da frutto, paesaggi divini, sapori antichi: tutto questo e molto di più è la Grecia.

E’ impossibile visitare questo paese e non rimanerne affascinati. Certo, chi di noi non ha studiato la Grecia a scuola? La sua geografia, la sua antichissima storia, un’arte che ha fatto da modello ispiratore alle forme artistiche di tutto il mondo negli ultimi due millenni… La verità, però, è che puoi studiare questo paese sui libri per tutta la vita e per tutta la vita scoprire cose nuove, ma se non ci si è stati di persona, se non si è raccolta un’arancia da uno dei centinaia di alberi che corrono lungo le strade di campagna, se non si è osservato l’orizzonte da uno scoglio alto decine di metri e circondato solo dal mare con alle spalle un tempio che decine di secoli prima era stato eretto in onore di un dio e che ancora oggi suscita un sentimento di sacralità anche nell’uomo più scettico, se non… allora non si può comprendere il vero spirito della Grecia.

Ma non voglio dare l’impressione che questo paese sia “solo” storia, arte, filosofia ed archeologia; infatti, un aspetto della cultura greca a cui i suoi abitanti sono molto legati è la cucina. I piatti variano molto da regione a regione e cercano di sfruttare appieno le risorse che la propria terra ha da offrire: così troveremo dei piatti semplici e gustosi come la KORIATIKI SALADA (insalata greca) ed il pesce fresco cotto sui bracieri sulle isole, mentre in zone più interne, dove abbondano i pascoli, succulenti piatti di carne, formaggi e verdure (da notare che le verdure non mancano mai sulle tavole dei greci) come la famosa MOUSSAKA e YOUVETSI ME HILOPITTES (spezzatino di agnello con quadrucci all’uovo). In tutte queste ricette c’è comunque un filo comune, quello dell’olio extravergine d’oliva che non è di qualità inferiore al nostro e che, come in Italia, è considerato il re della tavola!