Non è Pasqua a Napoli senza la presenza del tortanonapoletano: attenzione non è il classico casatiello, anche se in realtà vi somiglia molto.
La differenza principale sta soprattutto nel fatto che il torta presenta le uova sode al centro anche se poi la ricchezza della preparazione è veramente molto simile.
Dal 17 al 25 giugno torna a Napoli il Napoli Pizza Village, la manifestazione interamente dedicata alla pizza e arrivata ormai alla settima edizione. L’appuntamento è fissato sul lungomare Caracciolo che si trasforma per l’occasione in una vera e propria pizzeria a cielo aperto.
Sono oltre 50 i forni a legna disposti, 5 mila i posti a sedere con la partecipazione di circa 600 pizzaioli provenienti da oltre 40 Paesi, per contendersi l’ambito titolo di vincitore del Campionato mondiale del Pizzaiolo – Trofeo Caputo che da quest’anno prevede anche l’introduzione della categoria della pizza fritta.
Se la pasta è un piatto simbolo di tutta la cucina italiana, non è detto che piaccia sempre allo stesso modo. Al contrario sembra che gli italiani abbiano dei gusti molto particolare in fatto di pasta: fino a Roma piace rigata esotto la Capitale piace invece liscia.
I pastifici naturalmente si adeguano e in occasione di un recente incontro dall’associazione dell’industria della pasta sull’architettura e il design delle semole a grano duro, le linee di produzione restano rigorosamente divise in due gruppi. Le paste con “uso Roma” sono in pratica le paste rigate, dal rigatone alle penna.
Quattro giorni di eventi, incontri e degustazioni in oltre 100 indirizzi top della città di Napoli: a Wine&Thecity, il primo fuorisalone del vino, potrete degustare vini pregiati, incontrare sommelier e partecipare ad eventi culturali in luoghi molto esclusivi della citta. Boutique, gioiellerie, grandi hotel, atelier d’arte e design, terrazze e giardini: il percorso si aprirà il 15 maggio 2012 con un festeggiamento serale che si terrà al PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, con un grande evento social. Da cinque anni Wine&Thecity è il circuito che porta il vino, i vignaioli e i sommelier tra le vie dello shopping di Napoli. Dal 16 al 19 maggio si terranno aperitivi ed eventi social all’insegna del buon bere italiano in un percorso stravagante che vede mescolarsi il piacere del vino alla passione per la moda e il design, l’arte e l’antiquariato.
Questa ricetta è presa da un originale libro di cucina napoletana, del 1977, da cui ho già preso alcuni piatti proposti qui su Ginger, e questa nota di tempi andati si può notare anche da alcuni elementi che contraddistinguono la preparazione. I bucatini spezzati innanzi tutto, ricordo perfettamente che mia nonna cucinava molto spesso gli ziti spezzati, e per chi non lo sapesse gli ziti sono simili ai bucatini, solo che di diametro più grande. Devo essere sincera, io li ho sempre visti solo a Napoli, e forse si trovano anche più a sud, ma nelle mie permanenze Toscane e adesso Piemontesi non ho mai trovato un pacco di ziti in giro…
Altra caratteristica, mancano le dosi di tutti gli ingredienti, meno che quelli della pasta. Nota caratterizzante molto forte, non solo della cucina verace napoletana e campana, ma magari di tutte le antiche tradizioni culinarie: non si pesa niente, si fa “a occhio”. Io sono abituata a pesare tutto, compresa la pasta, anche se quando mi regolo “a occhio” spesso non sbaglio le dosi, ma è un’abitudine moderna quella di calcolare sempre le quantità. Mia nonna non lo faceva mai, e la sua cucina era sempre ottima e impeccabile.
Un capolavoro antico dell’uomo, piena di colori, profumi inebrianti, rapisce i sensi e provoca dipendenza, come resisterle!?
La pizza, la regina del palato napoletano e mondiale, ha una lunga storia che risale a molti secoli fa. Ha origini greche, nasce come pane tondo, schiacciato, condito, si chiamava “picea”.
Nei secoli successivi prende il nome di ”mensa”, perché veniva utilizzata come piatto per servire cibi ai nobili e, come spesso accade, veniva consumata anche dalla servitù, che utilizzavano come condimento tutti gli avanzi della casa. Ma furono i napoletani con la loro fantasia e il loro gusto a trasformarla nella pizza che tutti conosciamo.
Inizialmente era bianca, condita solo con aglio, strutto e sale grosso e a volte con caciocavallo, c’erano già anche poche semplici varianti: la marinara, per esempio, di cui se ne servivano i marinai nella pausa lavoro.
Nel ‘700, un nuovo prodotto compare nelle mense europee, si chiama pomodoro, viene dalle americhe e il suo matrimonio con la pizza diviene un trionfo. Nella città partenopea comincia da allora un fiorire di attività stradali per la somministrazione di questo alimento conosciuto da sempre, ma assurto improvvisamente ad una nuova notorietà. E i venditori delle bancarelle danno vita alle prime pizzerie in cui questo piatto economico, con il giusto apporto calorico giornaliero, diventa sostitutivo del pranzo.
Nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito con forno a pochi passi dal Palazzo Reale, ebbe l’onore di servire Sua Maestà la regina d’Italia, Margherita, con la pizza con pomodoro, mozzarella e basilico. Quando Sua Maestà, incuriosita, chiese il nome della pizza, Don Raffaele rispose, pieno di riverenza: “Margherita, in onore di sua Maestà!”.
Così nasce la sua fortuna, quella della pizza col nome di una regina e di Napoli, che viene battezzata la città della pizza. Nessun turista da allora, arrivando a Napoli, volle sottrarsi dall’ assaporare la gustosa sfoglia che da allora ha deliziato nobili e povera gente.
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