Il paradosso è evidente. Chi impazzisce per il
fois gras magari non sopporta
la trippa, la considera cibo del popolo e poco raffinato. Si dimentica che il punto di partenza di uno dei cibi più costosi al mondo è il fegato d’oca, una “
frattaglie” quanto il rognone o le cervella. Niente di strano,
le frattaglie godono da sempre di pessima reputazione in cucina: si dice siano poco sane, troppo grasse, indigeste e via dicendo. In realtà si conoscono poco e non sono sempre facili da proporre. Ma sorprendono per versatilità e gusto. Mai spariti dal repertorio della cucina povera, stanno tornando di moda vuoi per la ricerca di nuove emozioni gastronomiche vuoi per il ritorno al passato.
Il fatto che si cimentino sempre di più i bravi chef italiani, da
Davide Oldani (grandi i suoi piatti a base di trippa) ad
Andrea Berton (specialista nel rognone) e a
Davide Scabin sta nobilitando tutto il “
quinto quarto“: termine che indica tutte le parti che non derivano dai quarti classici dell’ animale. Un mondo di sapori dalle varie gradazioni e colori ricchissimo e affascinante, che parte dalle cervella, eccezionali se fritte, e arriva ai piedini, che sono buonissimi in gelatina. Tanta varietà consente la preparazione di decine e decine di ricette.
Un interessante volume, uscito recentemente, “
Il libro delle frattaglie” ne ha recensite circa 350 fra quelle tradizionali e quelle d’autore. A firmarlo, una coppia originale formata dalla scrittrice
Roberta Schira, appassionata gourmet, e
Franco Cazzamali, considerato il re dei macellai padani. «
La nostra è una provocazione gastronomica – spiega la Schira –
non è giusto vedere le frattaglie poco più di uno scarto alimentare mentre in realtà sono un cibo sano, pulito e buonissimo».