La curcuma appartiene alla famiglia dello zenzero, viene prodotta in alcuni paesi come la Cina, l’Indonesia, il Costa Rica e l’India. Questa spezia oltre ad essere usata in ambito gastronomico, è alla base di tutta la medicina tradizionale. In India, che rimane il primo paese produttore al mondo, è utilizzata da sempre nella medicina Ayurvedica.
La curcuma è un ottimo antiossidante e tonico epatico. Il principio attivo di questa spezia agisce proteggendo le cellule epatiche dalle tossine. Nei tempi antichi veniva utilizzata per i problemi digestivi, anche perchè produce in maniera massiccia, il muco ad azione protettiva delle cellule stomacali.
E’ il dolce per eccellenza, una prelibatezza che non conosce vie di mezzo: o la si odia o la si ama appassionatamente. E’ sicuramente impegnativa, sia per la preparazione che per il consumo, vista la ricchezza degli ingredienti e l’elevatissimo apporto calorico.
Si può dire che certamente la cassata è il dolce che più di tutti racchiude in sé il patrimonio gastronomico apportato da dominazioni e da culture diverse da quella italiana. La ricetta della cassata è stata tramandata attraverso i secoli raccogliendo via via nuovi ingredienti, applicazioni di nuovi metodi, usi e esperienze diverse; qualunque civiltà sia passata in Sicilia ha lasciato tracce di sè in questo dolce meraviglioso e opulento.
L’origine del nome è dato dall’arabo “quas’at”, cioè “ciotola”, il recipiente rotondo nel quale veniva cotta la Cassata, ma potrebbe anche derivare dal latino “caseum”, formaggio, di cui è composto il ripieno.
Il primo a cimentarsi in questa preparazione è stato, a Palermo nell’anno 1000, nel periodo della dominazione araba, il cuoco dell’Emiro della Kalsa. La cucina saracena usava ingredienti fino ad allora sconosciuti nel territorio siciliano: la canna da zucchero, il limone, l’arancia amara, il mandarino; fu facile unirli alla ricotta, che veniva prodotta in Sicilia già dai tempi della Preistoria, assieme alle spezie e agli aromi, sempre portati dagli Arabi. In principio fu solo un involucro cotto al forno di pasta frolla ripiena di ricotta, zucchero, agrumi e aromi , e questa versione essenziale esiste ancora e si chiama , appunto, Cassata al forno. Dopo gli Arabi arrivarono i Normanni, e fecero conoscere la lavorazione della Pasta reale, o pasta di mandorle, e allora questa pasta sostituì, arricchita di altri aromi e coloranti naturali, l’involucro di pasta frolla usato fino ad allora, e la Cassata divenne definitivamente una preparazione a freddo.
Parlando di itinerari gastronomici oggi ci fermiamo in Canada, anzi in Québec. State attenti, perché rischiate di rimanere prigionieri dell’incantesimo
Questo fantastico agrume ha trovato in Sicilia esposizione e composizione del terreno ideali, tanto da essere considerato il migliore d’Italia.
L’arancia amara fu portata in Europa dagli Arabi, mentre quella dolce fu diffusa dai Portoghesi quando inaugurarono la rotta commerciale con l’Est.
L’arancia rossa di Sicilia appartiene alle tipologie Tarocco, Moro e Sanguinello. La raccolta dei frutti avviene manualmente, con il solo ausilio di apposite forbici. Una volta raccolte, le arance sono selezionate in base alla dimensione e allo stato di salute. Segue la fase di confezionamento e immissione al consumo; in commercio si trovano a partire dal tardo autunno fino a tarda primavera dell’anno successivo. Si presentano con buccia di colore arancione-rossastro; il profumo è tipicamente agrumato, intenso e persistente; il sapore è dolce, con una tipica nota acidula finale. Il sole e il terreno siciliano sono in grado di influire sul gusto di questi frutti. Si conservano per qualche mese in luoghi freschi.
Ho avuto modo di conoscere questo fantastico piatto indonesiano durante un viaggio nell’isola di Bali. Quest’isola, una vera e propria enclave di una cultura antichissima e molto originale riserva delle incredibili sorprese. E’ un’isola così compatta che in poche ore si può passare dalle spiagge di sabbia del sud allo spettacolare bordo di un vulcano attivo a 1.500 metri. La vita dell’isola è scandita da innumerevoli cerimonie che, seguendo solitamente il calendario balinese simile a quello indiano, sembrano imprevedibili agli occhi dei turisti occidentali. Celebrazioni e feste vengono svolte per innumerevoli dei e negli anniversari di ognuno degli oltre 20.000 templi dell’isola.
Ogni volta che cucino il bami goreng, questo è il nome del piatto che vi presentiamo, la mia mente va direttamente ai momenti indimenticabili di questo viaggio in una cultura veramente unica. I balinesi poi, amanti di tante arti come la pittura, la scultura e la musica, non hanno certo tralasciato la cucina, ricca di pietanze speziate e profumate: il nasi kukus (riso stufato), il soto (zuppa), i sate ayam (spiedini di pollo) e per ultimo forse il piatto più celebre in occidente: il nasi goreng (riso saltato all’indonesiana). Noi vi proponiamo una variante locale molto diffusa, il bami goreng, preparato con i noodles, gli spaghetti orientali di pasta fresca.
Per prepararlo avrete bisogno di una padella con le pareti alte chiamata wok, che ormai si trova anche nei supermercati.
Niente paura: il Sahleb non è altro che il miglio decorticato. Questo cereale qualche secolo fa era molto usato soprattutto nel nord Italia, un piatto tipico era la polenta di miglio. Poi con l’arrivo del mais dalle americhe sparì quasi completamente dalle nostre tavole. Fortunatamente si coltiva ancora in Oriente (India, Cina) ed in Nord Africa soprattutto in Egitto e Libia.
Io sono molto caro a questo cereale perche ricorda la mia infanzia. Mia madre quando faceva particolarmente freddo usava preararmi il Sahleb in alternativa alla cioccolata calda.
Mi raccomando, però, nel caso abbiate voglia di provare questa ricetta chiedetelo “decorticato”, perchè andando a comprare il miglio senza ulteriori indicazioni, otterrete del mangime per canarini.
Questo piatto vegetariano è tipico della cucina mediorientale. Se tornate a casa affamati e stanchi dopo una giornata intensa di lavoro non c’è di meglio. E’ di semplice esecuzione, non richiede molto tempo.
La burrata nasce negli anni 30 in un caseificio di Andria, in provincia di Bari.
L’idea fu di Lorenzo Bianchino Chieppa, che pensò di creare un “fiaschetto” per conservarvi la panna e la mozzarella sfilacciata.
La sua peculiarità e data dall’impasto, composto da ritagli di mozzarella mescolati a panna, mentre il “guscio” è fatto di pasta filata.
Nelle province di Matera e Potenza viene coltivato un tipo particolare di peperone, detto di “Senise”, che ha origini americane. Vengono seminati a febbraio-marzo e la raccolta avviene a mano in estate, in piena maturazione.
Si presenta di colore verde o rosso, con forma appuntita, a tronco o a uncino, della lunghezza di circa 15 centimetri. Ha un sentore vegetale e sapore intenso, dolce e persistente.
Oltre che fresco, il peperone di Senise è noto per la commercializzazione secca o in polvere. La sua polpa sottile e povera d’acqua infatti lo rende particolarmente adatto all’essiccazione. Tale procedimento si effettua lasciando i peperoni appena raccolti in locali areati, infilandoli poi a collana dalla parte del picciolo e infine esponendo le cosiddette “serte” al sole. I peperoni destinati alla polverizzazione, invece, subiscono un ulteriore trattamento di essiccazione, questa volta in formo, prima di essere macinati. Le ragioni per la commercializzazione in polvere di questa varietà risalgono al XVI secolo, quando l’ingente produzione locale rendeva difficoltoso trasportare il prodotto intero. Infine, poiché la polvere di peperone ricordava quella dello zafferano, il peperone assunse il termine dialettale di “zafarano”.
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