Le verdure in gravidanza: importanti per la mamma e per il bambino
Sentiamo sempre più quotidianamente parlare dell’importanza di una sana e corretta alimentazione attraverso l’introduzione di giuste porzioni di frutta e verdura. In particolare le verdure sono importanti non solo per l’alto contenuto di fibre che agevolano il buon transito intestinale, ma anche per l’alto contenuto di sali minerali e lo scarso apporto calorico e proteico.
L’importanza dei sali minerali tipo il fluoro, il calcio, il potassio e il magnesio sono fondamentali in quanto rappresentano il nostro elisir di giovinezza contribuendo a rafforzare e rendere più elastica la pelle (e quindi più bella!), a fortificare i capelli e ad irrobustire il nostro sistema immunitario, a proteggere e rendere più forti i denti e le ossa. Meglio direi di tante creme di bellezza!
Ma perché spesso mangiare verdura non ci piace ed in special modo ai bambini?
Non tutti sanno che il senso del gusto come anche le predilezioni verso determinati cibi si forma già dai primissimi mesi di gravidanza, per questo è importante che la futura mamma nella sua alimentazione non trascuri di inserire verdure ovviamente senza l’aggiunta di troppi condimenti che ne altererebbero il sapore. In questo modo il bimbo comincia ad abituarsi al sapore un po’ amarognolo di molte verdure e già dai primissimi anni di vita è più facile inserire nella sua alimentazione piatti a base di verdure o succulente insalate.
Budinone di riso, antico sapore senese
Il budino di riso è un dolce tipico toscano dal gusto delicato che insieme ai ricciarelli, i cavallucci ed il castagnaccio si perde nella memoria popolare della città medievale dal palio più noto in Italia: Siena. Si tratta di un piatto semplice e buono, come molte tradizioni di questa regione.
Oggi come ieri, questa pietanza si presta bene come allegra merenda per i bambini visto il suo contenuto non molto ricco di calorie, o come dessert da gustare accompagnato con un buon vino liquoroso. La preparazione non è complessa, ma richiede comunque una certa attenzione soprattutto nella delicata fase della cottura.
Le frittelle di Tondone di Pellegrino Artusi
Pellegrino Artusi, padre delle pubblicazioni sulla cucina italiana, ebbe non poche difficoltà per veder stampato il suo libro ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’. L’avreste mai creduto?
In un’epoca in cui è tutto un germogliare e rivaleggiare di libri libretti e librettini che parlano di cibo (con quale competenza non sempre sappiamo) è piuttosto difficile immaginarlo.
Eppure lo dice proprio lui, nella ‘Storia di un libro che assomiglia alla storia di Cenerentola’ prefazione dell’opera, alla sua 18a edizione (e parliamo del 1914!). ‘Questo è un libro che avrà poco esito’ aveva sentenziato, con gran dispiacere dell’autore, un noto editore. Stampato infine a spese dell’autore, fu addirittura schernito, come capitò a Forlimpopoli, paese natale dell’Artusi, nel corso di una ‘gran fiera di beneficenza’.
E invece il libro ottenne un successo grandissimo nel corso dei decenni fino a oggi.
Vedi giudizio uman come spesso erra commenta l’Autore.
Un libro che dà della cucina del tempo un quadro preciso e che riletto, pur nella sua prosa solenne, non perde di attualità, ma magari fa sorridere e sognare. Sognare un’epoca in cui, in barba al colesterolo e ai molti consigli di sobrietà elargiti spesso dal nostro Autore, i FRITTI, proprio loro, sempre vilipesi e additati al pubblico ludibrio quali responsabili di infinite nequizie ( a cominciare…dai brufoletti!), godevano di grande popolarità. Ne ho contati più di sessanta!
Abbiamo, per esempio: crocchette, crocchette d’animelle, crocchette di riso semplici, crocchette di riso composto…testicciuola d’agnello fritta (che ve ne pare?), frittelle di tondone (?), crescioni, granelli fritti, donzelline, pallottole di semolino…e nel mio libro mancano alcune pagine!!!
Il cioccolato in Italia: da Modica a Torino breve storia della diffusione del cioccolato nello stivale
Da Modica a Torino, il gusto degli Italiani è unito dal cioccolato. Il cuore di tutto è racchiuso nel chicco di cacao, frutto originario del Messico, che nei secoli ha raggiunto le sponde di tutto il mondo. La leggenda Azteca narra che la nascita della pianta del cacao sia legata alla morte di una principessa che sacrificò la propria vita per non svelare ai nemici il nascondiglio del tesoro lasciatole dal suo sposo partito per la guerra. Dal sangue della giovane innamorata ebbe vita una pianta il cui frutto custodiva i semi di cacao: amari come la sofferenza, forti come la virtù e rossi come il sangue.
I primi chicchi di cacao furono importati dai dominatori Spagnoli intorno al 1519, ed è proprio durante la loro dominazione in Sicilia, che il cacao fu introdotto in Italia e precisamente nella “Contea di Modica”, la Contea più grande del Regno di Sicilia, dove si avviò la lavorazione artigianale del cioccolato che si è conservata fino ai nostri giorni.
La cioccolata divenne una tra le bevande più alla moda nelle “botteghe del caffè” della Venezia del settecento. Da allora la creatività dei maestri cioccolatieri di tutta l’Italia si è sbizzarrita. Così nel XVIII secolo, a Torino, prese forma il primo cioccolatino, inventato da Doret. Sempre a Torino nel 1852 nacque il celebre Gianduiotto, cioccolatino fatto con cacao e nocciole tritate e tostate.
Impariamo a fare i muffins
La panetteria ha un ruolo decisivo per la riuscità di una buona colazione o di un brunch, se solo parlassimo del profumo del pane fresco appena sfornato, ci potremmo render conto dell’atmosfera piacevole che subito si crea in casa.
Quindi, una giusta scelta di pani, sarà un elemento decisivo per accompagnare le pietanze in tavola: pane integrale, di grano duro, pane giallo, biscotti salati, pancakes e ovviamente i muffins. Questi non è altro che un panino dolce di notevole praticità, si impasta in breve tempo, cuoce rapidamente anche perchè si usa il lievito per dolci anzichè quello del pane, eliminando così delle lunghe attese di lievitazione.
L’angelo del focolare e il ragù perfetto
Regina della Casa, Angelo del Focolare…come suonavano gratificanti queste parole di omaggio alle donne di qualche tempo fa. E’ molto lontana la trentenne di oggi dalla sua bisnonna, che imperava in casa e soprattutto in cucina, che in famiglia aveva un ruolo ben definito e che non doveva inventarsi ogni giorno un ‘suo’ modo di essere donna e moglie e mamma?
Ma quali fragili certezze sostenevano quelle donne! La cui vita ruotava intorno alla famiglia, appunto, i figli, il marito. E la cucina, territorio esclusivo (e chi glielo toccava?) in cui dominava da cui elargiva il cibo. E qui ci siamo. In questo suo piccolo mondo, nel suo regno, nasceva la sua potenza. Potenza di un ragù insuperabile, di un timballo inimitabile, di un caffè senza paragoni. Tutte cose di cui essere fiere, con cui rendere fiera la famiglia, il marito…”Signò, ma come lo fate questo ragù che fa uscire pazzo a vostro marito?…E il ragù di mia moglie sotto e il ragù di mia moglie sopra …”
Ma poi ecco l’ “altra”. No, non l’amante, quella pensava proprio alla cucina, no. La NUORA. Ecco questa giovane donna, magari laureata, elegante, che non solo le porta via il figlio, e fin qui se lo doveva aspettare prima o poi, ma che vuole COMPETERE con lei in cucina, che vuole rifare per il maritino le stesse leccornie che gli faceva la mamma!!! Addirittura. Ma ‘in cucina ci vuole l’esperienza’ che cosa si crede! E invece il giovane marito e anche il vecchio marito, il suo per intenderci, le fanno i complimenti, la ragazza inorgoglisce, fa la ruota come un tacchino… e lei, il vecchio Angelo del focolare? Che le rimane ora? Ora che si ritrova capelli bianchi e rughe e mani rovinate, tanti chili di troppo e tanti… anni di troppo.
Sarà il momento giusto per iscriversi a un corso di danza latinoamericana??!
Alexander: Brandy e noce moscata per un cocktail che viene dal passato
L’Alexander è un cocktail di origine inglese dal gusto morbido e raffinato che appartiene alla categoria dei classici. La sua storia, non proprio recente, trova fondamento nella Londra dei primi del ‘900 ove, in occasione della celebrazione delle nozze della principessa Mary con Lord Lancellis, il famoso barman Harry MacElhone lo creò, dal bancone del “Ciro’s Club”, per omaggiare la giovane sposa con il suo colore bianco.
Questo cocktail dal gusto dolce ma allo stesso tempo intenso arriva a stuzzicare anche chi di solito non apprezza le bevande alcoliche, tuttavia per l’irruenza dei suoi ingredienti è decisamente suggerito come after-dinner (non è consigliato quindi come aperitivo). Come tutte le cose buone, l’Alexander è un drink ricco di grassi, dovuti soprattutto alla presenza della panna, ma per tutti coloro i quali non hanno ancora iniziato la dieta post-natalizia e attendono tradizionalmente l’Epifania per chiudere il periodo dei banchetti, ecco tutti i suggerimenti per preparare un buon cocktail e i suoi “derivati”.
Ingredienti per una persona:
- 1/3 di Brandy
- 1/3 di crema di cacao
- 1/3 di crema di latte (o panna liquida)
Preparate il cockatil nello shaker con del ghiaccio. Nel caso in cui non amiate le bevande “on the rocks”, non utilizzate i cubetti e per la preparazione del drink servitevi gli ingredienti precedentemente messi a freddare. Versate in una coppa anche questa riposta in frigo per qualche ora. Al termine la tradizione vuole una spolveratina di noce moscata, ad oggi esistono diverse varianti tipiche di ogni locale: cacao amaro, vaniglia, cannella… Scegliete quella che preferite secondo i vostri gusti, sono tutte buonissime!
Nel corso del tempo i barman di tutto il mondo si sono divertiti inventando diverse varianti dando vita ad una vera e propria famiglia che ad oggi annovera addirittura un “figlio”: l’Alexander baby.
Aringa all’arancia: una storia d’amore tra il Baltico e la Sicilia
L’aringa è uno dei pesci più comuni nel Nord Europa dalle benefiche proprietà nutritive, essa è infatti ricca di vitamina A e D e di Sali minerali quali potassio, calcio e fosforo. L’aringa inoltre conserva un elevato contenuto proteico che le conferisce la capacità di rappresentare un energico pasto, pur mantenendo un basso tenore di grassi, per lo più insaturi, ovvero quei grassi che volgarmente definiamo “buoni”.
Forse non tutti conoscono il brillante passato che ha distinto la vita di questo pesce, giunto addirittura a condizionare la vita economica delle popolazioni del Nord Europa durante il Medioevo. Tutto ciò grazie al fatto che esso costituiva un elemento essenziale nell’alimentazione delle medesime popolazioni. L’aringa divenne al fine l’unità base per stabilire e misurare i prezzi dei beni, una moneta accettata per il pagamento di alcune imposte e persino uno strumento finanziario utilizzato per pattuire le contropartite di importanti contratti. Le città di Brema, Amburgo e Lubecca ( denominate ancora oggi città “ Anseatiche”) nel 1200, per tutelarsi dalla concorrenza dei pescatori danesi, diedero vita ad un alleanza attraverso il patto della “Lega Anseatica”.
Happy New Year: Champagne e Cotillons?
Questa volta con l’avvicinarsi dell’ultimo dell’anno non voglio proporvi un sondaggio tipo: Cosa bevete a Capodanno? Spumante italiano o Champagne d’oltralpe ?
Si tratta di un dilemma antico, che non pretendiamo certo di risolvere in queste pagine. Il Capodanno è per molti una vera disdetta, uscire, divertirsi a tutti i costi, indossare biancheria intima color rosso, è una pratica della quale molti di noi farebbero volentieri a meno. Pur di uscire di casa ci si accoda a feste con gente sconosciuta, che appna ci presentano già siamo costretti a salutare. Poi non si può tornare assolutamente prima all’alba, pena di essere etichettato come sfigato. Una volta raggiunta finalmente l’auto per tornare a casa c’è ancora un rischio: trovare la macchina distrutta o ammaccata a causa di quella “splendida” tradizione, in voga ancora in alcune parti d’Italia, di gettare oggetti dalla finestra.
Siete ancora sicuri di volere passare un altra fine d’anno così? Proverò a darvi un suggerimento. Quest’anno stupite la vostra bella e fatele una sorpresa. Qualche anno fa, stanco del solito rito, passeggiando per il centro della mia città, abito a Roma, ho notato un edificio curioso, con una torre in cima, e da lì mi è scattata un’idea.
Pesce spada alla griglia: Un ricordo di dammusi e Mehari
L’immagine qui sopra svela la bellezza di una delle tante insenature che contraddistinguono l’isola di Lampedusa, anche se la foto non rende completamente giustizia ai sensi, non riuscendo a trasmettere il profumo di questo mare…
Quest’isola è la più grande delle tre isole Pelagie, distante dalla Tunisia solo 113 km, dal punto di vista climatico e faunistico, appartiene proprio alla piattaforma continentale africana. Il clima è mite tutto l’anno con punte molto elevate nel periodo estivo. La costa settentrionale caratterizzata da pareti scoscese, presenta la propria maestosità con le falesie a picco sul mare ed i faraglioni affacciati su un mare trasparentissimo. La costa a sud è più bassa e le cale terminano in incantevoli spiagge di sabbia bianca, che sono il vanto e la ricchezza dell’isola.
Brunch di Domenica: iniziate la giornata con stile
Quando si arriva alla fine della settimana dopo giorni di intenso lavoro le ultime cose che si vogliono sentire sono frasi che assomigliano a qualcosa del tipo: “…organizziamoci!” o peggio “…diamoci un appuntamento presto”.
Alzarsi piano al mattino nel silenzio totale, all’ora che si preferisce (quindi preferibilmente tardi) è così raro da rappresentare un vero e proprio lusso, ormai. Ma svegliarsi sognando gli uccellini cinguettanti di Walt Disney è una sensazione che ogni tanto dovreste concedervi, quando siete troppo presi dal tram tram quotidiano.
Recensione: SORA MARGHERITA | Trattoria, Roma
SORA MARGHERITA – Trattoria
P.za delle Cinque Scole, 30 – Roma
- Telefono 06 6874216, Niente Carte di credito
- Chiusura: Aperto solo a pranzo dal Martedì al Sabato (Nel Weekend anche la sera)
- Coperti: 35
- Ambiente: Familiare
- Cucina: Tradizionale, Giudaico-romanesca
- Target: Turisti, clientela affezionata
Una piccola perla nel cuore del ghetto, al centro di Roma, così si potrebbe definire la trattoria di Sora Margherita. Una porta appena visibile, senza insegna, come le vecchie osterie di una volta, (quando è chiuso non si vede nemmeno) è un vero miracolo che sia sopravvissuta indenne fino ad oggi. Ambiente caldo e familiare, piccolissimo, con una cucina minuscola ma di qualità, che si contraddistingue per tutto ciò che è casareccio: quasi tutto fatto in casa, dalla pasta al pane. Agnolotti, fettuccine a cacio e pepe, involtini, carciofi alla giudia, la parmigiana estiva, abbacchio a scottadito o alla cacciatora, aliciotti con indivia, baccalà. Fortissima l’ispirazione della più tipica cucina romana con un’importante penetrazione della cucina giudaica (siamo nel quartiere che corrispondeva all’area del ghetto ottocentesco).
Lenticchie e cotechino, fine anno in un crescendo di fortuna e prosperità (almeno così si dice…)
Si avvicina il cenone di Capodanno ed immancabili sono i riti legati alla cucina per iniziare nel modo migliore il nuovo anno, cercando di assicurarsi fortuna e prosperità.
Iniziando dalle prime portate, già di per se simboliche, in quanto ricche e generose come i tortellini o le altre paste ripiene, tutte le portate della cena di capodanno sono all’insegna della ricchezza e dell’abbondanza che si desidera avere per l’anno a venire.
Le tradizioni di buon auspicio sono tante, ma la più celebre è sicuramente quella di mangiare le lenticchie prima di brindare al nuovo anno, per garantirsi, secondo le credenze popolari, un anno ricco di successo e denaro. Le lenticchie sono, infatti, considerate da sempre portafortuna, simbolo di abbondanza, benessere e prosperità. Stesso significato viene dato ai chicchi d’uva freschi o di uva passa. In Spagna la nochevieja, ovvero l’ultimo giorno dell’anno, si saluta con un chicco d’uva per ognuno degli ultimi 12 secondi che mancano allo scoccare della mezzanotte.
Un altro rituale, già in pratica al tempo dei Romani, è quello di offrire le “streae” (strenne), fra cui, un rametto d’alloro, fichi secchi e datteri, perché il nuovo anno porti con se dolcezza e vita.
Per concludere il lauto pasto che si usa consumare per questa ricorrenza, non possono che mancare i dolci tra i quali la frutta secca, specialmente le mandorle, simbolo del nucleo familiare e di fecondità, e la già citata uva passa. Un altro tipo di dolce legato alla fortuna è la carenza, una sorta di pan dolce in cui viene inserito nell’impasto una moneta, che premia il commensale che la ritrova nella sua porzione.
Tra le portate immancabili dell’ultima cena dell’anno vi è sicuramente lo zampone, l’usanza di servire questo piatto non è legata a nessun rito scaramantico, ma la tradizione, probabilmente medievale, fa si che la carne di suino sia la pietanza preferita per il banchetto di fine anno perché il sacrificio del maiale veniva fatto in prossimità di questo periodo.