La lavastoviglie: Consigli pratici per l’uso
Prima di mettere tutte le stoviglie nella lavapiatti date un’occhiata attenta a dove esce l’acqua – o se gli ugelli sono più di uno – in questo modo potrete essere sicuri di fare un buon lavoro, tenendo conto del lato verso il quale dovrete rivolgere gli oggetti per esporre il lato più sporco verso il getto dell’acqua.
Se lo sporco pensate che sia davvero ostinato, sciacquate sommariamente gli oggetti prima di inserire nei cestelli.
Matrimonio di Radicchio Rosso di Treviso con mele Golden e pere Kaiser
TEMPO: 30 minuti | COSTO: basso | DIFFICOLTA’: bassa
VEGETARIANA: SI | PICCANTE: NO | GLUTINE: NO | BAMBINI: SI
E’ il dono che l’autunno fa all’inverno, come recita un detto popolare, si parla del radicchio rosso. È il frutto della terra che con i suoi colori, forti ed accesi, ravviva i campi bruni ed incupiti.
I racconti su questo ortaggio sono tanti e ancora oggi può capitare di sentirseli raccontare dagli anziani contadini del trevigiano, ognuno ricco di fascino e fantasia, uno, tra i tanti, narra che, in tempi remoti, degli uccelli abbiano trasportato il seme di questo ortaggio sopra il campanile del paese, e che da allora i frati che lo trovarono seppero conservarlo e coltivarlo con cura. Ma dalla storia si apprende che la coltivazione del radicchio, con l’annesso processo di imbianchimento e forzatura, inizia da metà del XVI secolo, in provincia di Treviso e non in tempi più antichi.
Il caratteristico colore rosso vinoso del radicchio di Treviso, nelle sue due selezioni “Precoce” e “Tardivo”, si ottiene dallo sviluppo delle foglie in assenza di luce, che prive o quasi di pigmenti clorofilliani, evidenziano la colorazione rosso intensa della lamina fogliare e perdendo la consistenza fibrosa, assumono croccantezza ed un sapore gradevolmente amarognolo. Tali risultati si ottengono praticando i processi di imbianchimento legatura rispettivamente per il radicchio rosso tardivo e quello precoce. La duttilità del radicchio fa si che si possa apprezzare sia crudo ad insalata che cotto o arrostito. Croccante e amarognolo, talvolta per smorzarne il forte sapore, è consigliato tenerlo, a bagno nell’acqua per due-tre ore prima di consumarlo.
Oltre che per le sue doti gastronomiche, il radicchio, è noto anche per le sue proprietà mediche, dalle radici secche, infatti, si ottengono sciroppi e decotti, usati da molto tempo in medicina come digestivo e depurativo, mentre le foglie, messe in infuso stimolano le funzioni digestive, depurano il fegato e facilitano la diuresi.
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Il pesce e la mappa delle cotture
- Lessato: la semplicità al servizio del gusto. La maggior parte dei pesci può essere lessata in acqua e condita con olio e limone o on maionese.
- Court- bouillon: lessato in acqua aromatizzata. Si prepara bollendo per 45 minuti circa 2 litri e mezzo d’acqua con una cipolla tagliata, mezza carota, una costa di sedano, qualche foglia di alloro, mezzo bicchiere di vino bianco, pepe in grani e sale. A fine cottura si filtra. Il pesce va immerso nel court-bouillon freddo. Il tempo di cottura ( a fuoco basso) è di circa 10 minuti ogni mezzo chilo di pesce.
- A vapore: la cottura delicata per esaltarne il gusto. Numerosi pesci, tra cui triglie, branzini, oppure filetti in genere, cotti con questo sistema naturale valorizzano il loro sapore e mantengono inalterate tutte le preziose proprietà nutritive.
- Alla griglia: semplice, gustoso e digeribile. In questo caso non va squamato in quanto le scaglie proteggono la carne dal calore troppo intenso. Asciugatelo sempre, anche se in precedenza è stato immerso nella marinata.
L’oro di Napoli: sua maestà la pizza Margherita
La pizza, la regina del palato napoletano e mondiale, ha una lunga storia che risale a molti secoli fa. Ha origini greche, nasce come pane tondo, schiacciato, condito, si chiamava “picea”.
Inizialmente era bianca, condita solo con aglio, strutto e sale grosso e a volte con caciocavallo, c’erano già anche poche semplici varianti: la marinara, per esempio, di cui se ne servivano i marinai nella pausa lavoro.
Così nasce la sua fortuna, quella della pizza col nome di una regina e di Napoli, che viene battezzata la città della pizza. Nessun turista da allora, arrivando a Napoli, volle sottrarsi dall’ assaporare la gustosa sfoglia che da allora ha deliziato nobili e povera gente.
La pentola a pressione e la sposina anni ’60 (con risotto ai funghi veloce)
Come venire a capo di tanto sudiciume? Che poi domani sarà lo stesso, se non peggio, visto che aveva una velocità di riproduzione (il sudiciume, si intende) molto vicino a quella della luce. Oggi più di ieri e meno di domani. Ma non era una frase d’amore? E invece eccola lì, alle prese con detersivi spugnette e via dicendo, altro che amore e poesia del matrimonio.
E poi LUI, lo sposino, anche lui anni ’60, doveva mangiare. La sua mamma lo aveva abituato così. Tolleranza va bene, ma a un certo punto lo stomaco reclamava i suoi diritti. E allora? Un matrimonio d’amore rischiava di naufragare subito subito sommerso dalla meno romantica delle routine. Che tristezza.
In quei tempi lontani era una vera primizia. E quella, poi. L’aspetto era più o meno quello consueto di una pentola come le altre. Il segreto era NEL COPERCHIO. Spesso e pesante, con uno strano ‘volante ‘ al centro. Volante che andava girato, con una certa forza, fino a raggiungere una chiusura perfetta. E poi c’era la valvola, se no di che pressione potevamo parlare? Una volta in funzione sussultava e fischiettava. L’effetto era inquietante. C’era chi preferiva scappare via dalla cucina, temendo esplosioni e macerie. Ma la nostra sposina, impavida, armeggiava con quella specie di disco volante con una certa disinvoltura. Armata di coraggio e di un manuale d’uso partì alla scoperta del NUOVO MODO DI CUCINARE promesso. In verità per lei più che nuovo era il primo!
Nella foto di copertina del manuale una giovane signora, capelli cotonatissimi e foulard, stile Grace Kelly in Caccia al ladro, sorrideva invitante. Le ricette erano di cucina francese, molto raffinate, ma l’esecuzione non era poi così difficile. Bastava un po’ d’attenzione. Anzi, moooolta attenzione. Beh, non era neanche così semplice… Ma vennero minestre, spezzatini, arrosti e molto altro ancora. Si specializzò in risotti, nel corso degli anni. Diciamo pure dei decenni.
Africa: scopriamo la cucina kenyota
Quando ho visitato il Kenya ho potuto sperimentare la cucina della costa, a base di pesce fresco, e quella dell’interno, con le sue zuppe di verdura e la carne grigliata. Le ricette risentono della tradizione inglese, come di quella asiatica ed il risultato che ne esce è una miscela di spezie forti e frutta dolce, come ad esempio la crema di cocco, servita nei gusci e spolverata abbondantemente di cannella. Un tipo di pane molto diffuso è il chapati, frutto dell’influenza indopakistana e prodotto con farina di grano ed aromatizzato anch’esso al cocco.
L’uovo al tegamino PERFETTO
“Io non so cucinare…al massimo posso fare un uovo al tegamino!” Quante volte avrete sentito brandire la spada dell’uovo al
Quidditch, Babbani e…BURROBIRRA! Una ricetta magica dal mondo di Hogwarts
Per chiunque le volesse provare in libreria è anche uscito un vero e proprio ricettario magico ricco di ricette come la zuppa di cipolle della signora Weasly ed anche la celebre burrobirra. Per tutti coloro, Babbani e maghi, che vogliano divertirsi, magari con i propri figli, nel preparare questa semplice e buona (?) bevanda vi riporto la ricetta.