L’oro di Napoli: sua maestà la pizza Margherita

Un capolavoro antico dell’uomo, piena di colori, profumi inebrianti, rapisce i sensi e provoca dipendenza, come resisterle!?
La pizza, la regina del palato napoletano e mondiale, ha una lunga storia che risale a molti secoli fa. Ha origini greche, nasce come pane tondo, schiacciato, condito, si chiamava “picea”.

Nei secoli successivi prende il nome di ”mensa”, perché veniva utilizzata come piatto per servire cibi ai nobili e, come spesso accade, veniva consumata anche dalla servitù, che utilizzavano come condimento tutti gli avanzi della casa. Ma furono i napoletani con la loro fantasia e il loro gusto a trasformarla nella pizza che tutti conosciamo.
Inizialmente era bianca, condita solo con aglio, strutto e sale grosso e a volte con caciocavallo, c’erano già anche poche semplici varianti: la marinara, per esempio, di cui se ne servivano i marinai nella pausa lavoro.

Nel ‘700, un nuovo prodotto compare nelle mense europee, si chiama pomodoro, viene dalle americhe e il suo matrimonio con la pizza diviene un trionfo. Nella città partenopea comincia da allora un fiorire di attività stradali per la somministrazione di questo alimento conosciuto da sempre, ma assurto improvvisamente ad una nuova notorietà. E i venditori delle bancarelle danno vita alle prime pizzerie in cui questo piatto economico, con il giusto apporto calorico giornaliero, diventa sostitutivo del pranzo.

Nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito con forno a pochi passi dal Palazzo Reale, ebbe l’onore di servire Sua Maestà la regina d’Italia, Margherita, con la pizza con pomodoro, mozzarella e basilico. Quando Sua Maestà, incuriosita, chiese il nome della pizza, Don Raffaele rispose, pieno di riverenza: “Margherita, in onore di sua Maestà!”.
Così nasce la sua fortuna, quella della pizza col nome di una regina e di Napoli, che viene battezzata la città della pizza. Nessun turista da allora, arrivando a Napoli, volle sottrarsi dall’ assaporare la gustosa sfoglia che da allora ha deliziato nobili e povera gente.

La pentola a pressione e la sposina anni ’60 (con risotto ai funghi veloce)

C’era una volta, tanto tempo fa…. Cominciavano così le favole? Ma qui non parliamo di incantesimi e fate più o meno buone, qui parliamo, ahimè della pura sopravvivenza! Ebbene sì. A che sarà servito tutto quello studio? Si chiedeva la sposina anni ’60, sommersa dai piatti sporchi e dalle domestiche incombenze. Mistero.

Come venire a capo di tanto sudiciume? Che poi domani sarà lo stesso, se non peggio, visto che aveva una velocità di riproduzione (il sudiciume, si intende) molto vicino a quella della luce. Oggi più di ieri e meno di domani. Ma non era una frase d’amore? E invece eccola lì, alle prese con detersivi spugnette e via dicendo, altro che amore e poesia del matrimonio.

E poi LUI, lo sposino, anche lui anni ’60, doveva mangiare. La sua mamma lo aveva abituato così. Tolleranza va bene, ma a un certo punto lo stomaco reclamava i suoi diritti. E allora? Un matrimonio d’amore rischiava di naufragare subito subito sommerso dalla meno romantica delle routine. Che tristezza.

Finchè un giorno…un regalo. Che avrebbe cambiato la sua vita. LA PENTOLA A PRESSIONE!

In quei tempi lontani era una vera primizia. E quella, poi. L’aspetto era più o meno quello consueto di una pentola come le altre. Il segreto era NEL COPERCHIO. Spesso e pesante, con uno strano ‘volante ‘ al centro. Volante che andava girato, con una certa forza, fino a raggiungere una chiusura perfetta. E poi c’era la valvola, se no di che pressione potevamo parlare? Una volta in funzione sussultava e fischiettava. L’effetto era inquietante. C’era chi preferiva scappare via dalla cucina, temendo esplosioni e macerie. Ma la nostra sposina, impavida, armeggiava con quella specie di disco volante con una certa disinvoltura. Armata di coraggio e di un manuale d’uso partì alla scoperta del NUOVO MODO DI CUCINARE promesso. In verità per lei più che nuovo era il primo!

Nella foto di copertina del manuale una giovane signora, capelli cotonatissimi e foulard, stile Grace Kelly in Caccia al ladro, sorrideva invitante. Le ricette erano di cucina francese, molto raffinate, ma l’esecuzione non era poi così difficile. Bastava un po’ d’attenzione. Anzi, moooolta attenzione. Beh, non era neanche così semplice… Ma vennero minestre, spezzatini, arrosti e molto altro ancora. Si specializzò in risotti, nel corso degli anni. Diciamo pure dei decenni.

Africa: scopriamo la cucina kenyota

Il Kenya è un paese che rimane nel cuore: chiunque abbia avuto la fortuna di visitarlo non può che essersene innamorato. I grandi occhi dei bambini kenyoti, le bianche spiagge e le palme, la savana con i suoi colori e i suoi animali. In questi giorni, in cui si susseguono così spesso notizie di disordini provenire dal paese africano, chi vi è rimasto legato prova senza dubbio un po’ di amarezza.

Un modo per risvegliare i bei ricordi di un viaggio potrebbe essere senza dubbio quello di ricrearne i sapori e gli odori, organizzando una cena a tema.
Quando ho visitato il Kenya ho potuto sperimentare la cucina della costa, a base di pesce fresco, e quella dell’interno, con le sue zuppe di verdura e la carne grigliata. Le ricette risentono della tradizione inglese, come di quella asiatica ed il risultato che ne esce è una miscela di spezie forti e frutta dolce, come ad esempio la crema di cocco, servita nei gusci e spolverata abbondantemente di cannella. Un tipo di pane molto diffuso è il chapati, frutto dell’influenza indopakistana e prodotto con farina di grano ed aromatizzato anch’esso al cocco.

Sulla costa il pesce è ottimo e basta uscire un po’ dai binari del viaggio organizzato per godere di pranzi deliziosi in scenari magnifici. Sulla spiaggia i turisti sono spesso avvicinati da ragazzi del posto che offrono di tutto, vendono oggetti e propongono escursioni. Ebbi modo di fare amicizia con Joseph, originario di Watamu, che mi propose un pranzo. Portò me e il mio ragazzo su una spiaggia bellissima tutta per noi, in una piccola baia, nessuno all’orizzonte. Ci disse di rillassarci mentre lui si occupava del pranzo. Poco dopo vidi spuntare dall’acqua due ragazzini con un retino pieno di aragoste che si dibattevano, di pesci che sembravano orate e polpi enormi. Il pesce venne pulito e gettato sulla brace. Con il polpo venne poi cucinato un ottimo risotto. Il tutto sotto un gazebo, all’ombra di una palma: uno dei pranzi più indimenticabili della mia vita!

Quidditch, Babbani e…BURROBIRRA! Una ricetta magica dal mondo di Hogwarts

Il 5 dicembre a mezzanotte è uscito in tutte le librerie italiane Harry Potter e i doni della morte. In molte città sono state organizzate maratone all’insegna della magia e le copie del libro, prenotate in anticipo, sono andate letteralmente a ruba. Ci sono bambini, ora grandi, cresciuti con le avventure del maghetto occhialuto e dei suoi amici, ci sono genitori che arrivati all’ultimo episodio della saga non vedono l’ora di leggere ai figli come andrà a finire o, se già cresciuti, di rubar loro la copia del libro una volta terminato.

Nell’universo creata dalla J.K.Rowling non manca niente: villaggi di maghi, stadi per il Quidditch, un Ministero della magia, ospedali nel centro di Londra riservati a maghi. Ha pensato proprio ad ogni dettaglio, rileggendo la realtà alla luce del mondo magico in cui vagano i suoi personaggi.

Non poteva quindi tralasciare il cibo! A Hogwarts gli studenti si scambiano Gelatine Tuttigusti+1 (“tuttigusti” nel vero senso della parola, ci sono Sporco, Vomito, Cerume, Erba e altre ‘disgustosità’ assortite) e nella Tana si consolano con le Burrobirre.
Per chiunque le volesse provare in libreria è anche uscito un vero e proprio ricettario magico ricco di ricette come la zuppa di cipolle della signora Weasly ed anche la celebre burrobirra. Per tutti coloro, Babbani e maghi, che vogliano divertirsi, magari con i propri figli, nel preparare questa semplice e buona (?) bevanda vi riporto la ricetta.

La lasagna, un piatto con radici antiche e declinazioni moderne. Una ricetta ultraveloce

Una tra le specialità della cucina Italiana apprezzata, più delle altre a livello internazionale è indubbiamente sua signoria: la Lasagna.

Non tutti sanno che la lasagna è un piatto antichissimo, i cui natali sono da ricercare nel’Antica Roma, 100 anni prima di Cristo, ai tempi Cicerone e Orazio. Le prime testimonianze scritte sulle origini della lasagna si devono a Apicio, che nel suo “De re coquinaria libri” descrive un timballo racchiuso entro la làgana, termine che deriva dal greco laganoz da cui il latino làganum che indica una sorta di schiacciata di farina, senza lievito, cotta in acqua, il plurale làgana vuole dire strisce di pasta sottile fatte con farina e acqua, da cui derivano, indubbiamente, le nostre lasagne.

Era consuetudine, fino a qualche tempo fa, che le lasagne fossero il piatto della domenica, che racchiudeva il calore e la genuinità del focolare familiare. La nonna iniziava il sabato a cuocere il ragù, il cui profumo pian pianino pervadeva la casa fino ad impregnarla totalmente, e il sabato al primo mattino preparava la pasta fresca, la stendeva ed iniziava a formare i vari strati. Oggi la preparazione è molto più rapida, la pasta si trova già pronta ed anche il ragù si può acquistare in pratici vasetti. Mentre la pasta può davvero essere comoda, il sugo in vasetto davvero però non ce la sentiamo di consigliarvelo!

Le cucine regionali si sono diversificate ed ognuna ha sviluppato un proprio tipo di lasagne, con delle variazioni rispetto la ricetta base. Le più celebri sono sicuramente le lasagne alla bolognese, ma ricordiamo anche le lasagne al pesto, liguri (che stanno conoscendo una incredibile notorietà all’estero) e le lasagne napoletane.

Noi vi suggeriamo di provare le lasagne al radicchio, delle quali ci siamo perdutamente innamorati e che anche i maschietti possono provare a realizzare in tutta semplicità. Basta avere circa 250 gr di sfoglia per lasagne fresche, prosciutto crudo a dadini, qualche foglia di radicchio, una cipolla, un po’ di formaggio tipo scamorza, sale e pepe.

Pienza e la via dei formaggi: il pecorino tra antico e moderno

Ricordo ancora quando la scorsa estate durante una breve vacanza mi sono recata in visita presso un delizioso borgo rinascimentale:Pienza. Nella ridente Val d’orcia, Pienza, chiamata nei tempi antichi Contignano, si affaccia con tutta la sua bellezza e maestosità ed il campanile del Duomo sembra quasi chiamare i molti visitatori che durante l’ anno vi si recano.

Pienza , infatti, è conosciuta in tutto il mondo per lo splendore della cattedrale di Santa Maria Assunta (il Duomo di Pienza) voluto da papa Pio II, per la raffinatezza del palazzo Piccolomini e lo splendore del suo palazzo Comunale . Tuttavia molto meno si sa e si è parlato di Corso Rossellino , la strada principale che attraversa Pienza e sulla quale vi si affacciano una miriade di piccole botteghe e norcinerie dove troneggia incontrastato il così detto pecorino di Pienza. Se Napoli è famosa anche per la “strada dei presepi” Pienza non lo è da meno per la strada del suo pecorino. Il formaggio di Pienza racconta oggi una bella storia di incontri e commistioni culturali.

Inizialmente il visitatore rimane senza dubbio confuso nel vedere tutte queste tipologie e forme apparentemente dello stesso formaggio ma è possibile ammirare ed assaggiare pecorini freschi, semi – stagionati e stagionati e sono proprio questi ultimi che, con l’aiuto della natura e la fantasia dell’uomo, è possibile trovarne di varie tipologie.

Gli spaghetti con le polpette di Disney

Se siete delle eterne bambine e non riuscite a non commuovervi davanti ad una scena romantica sarete d’accordo con me nell’eleggere come uno dei momenti più dolci della storia del cinema la scena in cui Lilli ed il vagabondo si scambiano il loro primo bacio, complice uno spaghetto.

E’ un cartone animato, certo, ma qui come nei film “da grandi” e nella realtà stessa il cibo riveste un ruolo importante, se non fondamentale nei rapporti di coppia. Lilli e Biagio davanti ad un abbondante porzione di pasta con pomodoro e polpette servito loro da Tony e Joe si trovano a condividere lo stesso spaghetto e quasi casualmente si scambiano un bacio. Lo spaghetto condiviso sarà un’anticipazione delle promesse d’amore che si scambieranno in seguito.

Se anche voi come molte altre da bambine si sono sciolte davanti a questa scena e tuttora non riescono a trattenere un tenero sorriso perché non portare in tavola un po’ di quella magia? Invitate il vostro lui, preparate un bello spaghetto con le polpette e magari servitelo in un unico piatto con due forchette: non si sa mai che lo spaghetto complice del bacio di Lilli e Biagio torni a colpire di nuovo!

Le verdure in gravidanza: importanti per la mamma e per il bambino

Sentiamo sempre più quotidianamente parlare dell’importanza di una sana e corretta alimentazione attraverso l’introduzione di giuste porzioni di frutta e verdura. In particolare le verdure sono importanti non solo per l’alto contenuto di fibre che agevolano il buon transito intestinale, ma anche per l’alto contenuto di sali minerali e lo scarso apporto calorico e proteico.

L’importanza dei sali minerali tipo il fluoro, il calcio, il potassio e il magnesio sono fondamentali in quanto rappresentano il nostro elisir di giovinezza contribuendo a rafforzare e rendere più elastica la pelle (e quindi più bella!), a fortificare i capelli e ad irrobustire il nostro sistema immunitario, a proteggere e rendere più forti i denti e le ossa. Meglio direi di tante creme di bellezza!

Ma perché spesso mangiare verdura non ci piace ed in special modo ai bambini?

Non tutti sanno che il senso del gusto come anche le predilezioni verso determinati cibi si forma già dai primissimi mesi di gravidanza, per questo è importante che la futura mamma nella sua alimentazione non trascuri di inserire verdure ovviamente senza l’aggiunta di troppi condimenti che ne altererebbero il sapore. In questo modo il bimbo comincia ad abituarsi al sapore un po’ amarognolo di molte verdure e già dai primissimi anni di vita è più facile inserire nella sua alimentazione piatti a base di verdure o succulente insalate.

Budinone di riso, antico sapore senese

Il budino di riso è un dolce tipico toscano dal gusto delicato che insieme ai ricciarelli, i cavallucci ed il castagnaccio si perde nella memoria popolare della città medievale dal palio più noto in Italia: Siena. Si tratta di un piatto semplice e buono, come molte tradizioni di questa regione.

Oggi come ieri, questa pietanza si presta bene come allegra merenda per i bambini visto il suo contenuto non molto ricco di calorie, o come dessert da gustare accompagnato con un buon vino liquoroso. La preparazione non è complessa, ma richiede comunque una certa attenzione soprattutto nella delicata fase della cottura.

Le frittelle di Tondone di Pellegrino Artusi

Pellegrino Artusi, padre delle pubblicazioni sulla cucina italiana, ebbe non poche difficoltà per veder stampato il suo libro ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’. L’avreste mai creduto?
In un’epoca in cui è tutto un germogliare e rivaleggiare di libri libretti e librettini che parlano di cibo (con quale competenza non sempre sappiamo) è piuttosto difficile immaginarlo.

Eppure lo dice proprio lui, nella ‘Storia di un libro che assomiglia alla storia di Cenerentola’ prefazione dell’opera, alla sua 18a edizione (e parliamo del 1914!). ‘Questo è un libro che avrà poco esito’ aveva sentenziato, con gran dispiacere dell’autore, un noto editore. Stampato infine a spese dell’autore, fu addirittura schernito, come capitò a Forlimpopoli, paese natale dell’Artusi, nel corso di una ‘gran fiera di beneficenza’.

E invece il libro ottenne un successo grandissimo nel corso dei decenni fino a oggi.
Vedi giudizio uman come spesso erra commenta l’Autore.

Un libro che dà della cucina del tempo un quadro preciso e che riletto, pur nella sua prosa solenne, non perde di attualità, ma magari fa sorridere e sognare. Sognare un’epoca in cui, in barba al colesterolo e ai molti consigli di sobrietà elargiti spesso dal nostro Autore, i FRITTI, proprio loro, sempre vilipesi e additati al pubblico ludibrio quali responsabili di infinite nequizie ( a cominciare…dai brufoletti!), godevano di grande popolarità. Ne ho contati più di sessanta!

Abbiamo, per esempio: crocchette, crocchette d’animelle, crocchette di riso semplici, crocchette di riso composto…testicciuola d’agnello fritta (che ve ne pare?), frittelle di tondone (?), crescioni, granelli fritti, donzelline, pallottole di semolino…e nel mio libro mancano alcune pagine!!!

Il cioccolato in Italia: da Modica a Torino breve storia della diffusione del cioccolato nello stivale

Da Modica a Torino, il gusto degli Italiani è unito dal cioccolato. Il cuore di tutto è racchiuso nel chicco di cacao, frutto originario del Messico, che nei secoli ha raggiunto le sponde di tutto il mondo. La leggenda Azteca narra che la nascita della pianta del cacao sia legata alla morte di una principessa che sacrificò la propria vita per non svelare ai nemici il nascondiglio del tesoro lasciatole dal suo sposo partito per la guerra. Dal sangue della giovane innamorata ebbe vita una pianta il cui frutto custodiva i semi di cacao: amari come la sofferenza, forti come la virtù e rossi come il sangue.

I primi chicchi di cacao furono importati dai dominatori Spagnoli intorno al 1519, ed è proprio durante la loro dominazione in Sicilia, che il cacao fu introdotto in Italia e precisamente nella “Contea di Modica”, la Contea più grande del Regno di Sicilia, dove si avviò la lavorazione artigianale del cioccolato che si è conservata fino ai nostri giorni.

La cioccolata divenne una tra le bevande più alla moda nelle “botteghe del caffè” della Venezia del settecento. Da allora la creatività dei maestri cioccolatieri di tutta l’Italia si è sbizzarrita. Così nel XVIII secolo, a Torino, prese forma il primo cioccolatino, inventato da Doret. Sempre a Torino nel 1852 nacque il celebre Gianduiotto, cioccolatino fatto con cacao e nocciole tritate e tostate.

Impariamo a fare i muffins

La panetteria ha un ruolo decisivo per la riuscità di una buona colazione o di un brunch, se solo parlassimo del profumo del pane fresco appena sfornato, ci potremmo render conto dell’atmosfera piacevole che subito si crea in casa.

Quindi, una giusta scelta di pani, sarà un elemento decisivo per accompagnare le pietanze in tavola: pane integrale, di grano duro, pane giallo, biscotti salati, pancakes e ovviamente i muffins. Questi non è altro che un panino dolce di notevole praticità, si impasta in breve tempo, cuoce rapidamente anche perchè si usa il lievito per dolci anzichè quello del pane, eliminando così delle lunghe attese di lievitazione.

L’angelo del focolare e il ragù perfetto

Regina della Casa, Angelo del Focolare…come suonavano gratificanti queste parole di omaggio alle donne di qualche tempo fa. E’ molto lontana la trentenne di oggi dalla sua bisnonna, che imperava in casa e soprattutto in cucina, che in famiglia aveva un ruolo ben definito e che non doveva inventarsi ogni giorno un ‘suo’ modo di essere donna e moglie e mamma?

Ma quali fragili certezze sostenevano quelle donne! La cui vita ruotava intorno alla famiglia, appunto, i figli, il marito. E la cucina, territorio esclusivo (e chi glielo toccava?) in cui dominava da cui elargiva il cibo. E qui ci siamo. In questo suo piccolo mondo, nel suo regno, nasceva la sua potenza. Potenza di un ragù insuperabile, di un timballo inimitabile, di un caffè senza paragoni. Tutte cose di cui essere fiere, con cui rendere fiera la famiglia, il marito…”Signò, ma come lo fate questo ragù che fa uscire pazzo a vostro marito?…E il ragù di mia moglie sotto e il ragù di mia moglie sopra …

Ma poi ecco l’ “altra”. No, non l’amante, quella pensava proprio alla cucina, no. La NUORA. Ecco questa giovane donna, magari laureata, elegante, che non solo le porta via il figlio, e fin qui se lo doveva aspettare prima o poi, ma che vuole COMPETERE con lei in cucina, che vuole rifare per il maritino le stesse leccornie che gli faceva la mamma!!! Addirittura. Ma ‘in cucina ci vuole l’esperienza’ che cosa si crede! E invece il giovane marito e anche il vecchio marito, il suo per intenderci, le fanno i complimenti, la ragazza inorgoglisce, fa la ruota come un tacchino… e lei, il vecchio Angelo del focolare? Che le rimane ora? Ora che si ritrova capelli bianchi e rughe e mani rovinate, tanti chili di troppo e tanti… anni di troppo.

Sarà il momento giusto per iscriversi a un corso di danza latinoamericana??!