Koriatiki salada (insalata greca) e Tzatziki. Sapori mediterranei

Mare di cristallo, uliveti centenari, profumati alberi da frutto, paesaggi divini, sapori antichi: tutto questo e molto di più è la Grecia.

E’ impossibile visitare questo paese e non rimanerne affascinati. Certo, chi di noi non ha studiato la Grecia a scuola? La sua geografia, la sua antichissima storia, un’arte che ha fatto da modello ispiratore alle forme artistiche di tutto il mondo negli ultimi due millenni… La verità, però, è che puoi studiare questo paese sui libri per tutta la vita e per tutta la vita scoprire cose nuove, ma se non ci si è stati di persona, se non si è raccolta un’arancia da uno dei centinaia di alberi che corrono lungo le strade di campagna, se non si è osservato l’orizzonte da uno scoglio alto decine di metri e circondato solo dal mare con alle spalle un tempio che decine di secoli prima era stato eretto in onore di un dio e che ancora oggi suscita un sentimento di sacralità anche nell’uomo più scettico, se non… allora non si può comprendere il vero spirito della Grecia.

Ma non voglio dare l’impressione che questo paese sia “solo” storia, arte, filosofia ed archeologia; infatti, un aspetto della cultura greca a cui i suoi abitanti sono molto legati è la cucina. I piatti variano molto da regione a regione e cercano di sfruttare appieno le risorse che la propria terra ha da offrire: così troveremo dei piatti semplici e gustosi come la KORIATIKI SALADA (insalata greca) ed il pesce fresco cotto sui bracieri sulle isole, mentre in zone più interne, dove abbondano i pascoli, succulenti piatti di carne, formaggi e verdure (da notare che le verdure non mancano mai sulle tavole dei greci) come la famosa MOUSSAKA e YOUVETSI ME HILOPITTES (spezzatino di agnello con quadrucci all’uovo). In tutte queste ricette c’è comunque un filo comune, quello dell’olio extravergine d’oliva che non è di qualità inferiore al nostro e che, come in Italia, è considerato il re della tavola!

Galateo in tavola: cosa evitare e come comportarsi ad una cena

Galateo, etichetta, bon ton, tre espressioni con un unico significato: sapersi comportare in tutte le situazioni. Il termine Galateo deriva dal primo trattato sull’argomento, GALATEO OVERO DE’COSTUMI“, scritto dopo il 1551 (ma pubblicato postumo nel 1558), dall’ecclesiastico e letterato di origine fiorentina Giovanni della Casa, il quale lo dedicò all’amico monsignor Galateo Florimonte di cui erano conosciuti i buoni costumi. Oggi, le regole del Galateo non si limitano alle situazioni di alta rappresentanza o a quando si è in presenza di persone importanti ma coinvolgono ogni aspetto della vita di “società”: in auto, sui mezzi pubblici, a teatro, al cinema, quando si è in fila per la spesa e naturalmente a tavola.

Il galateo della tavola è molto rigoroso e coinvolge non solo il comportamento dei commensali ma anche la disposizione dell’apparecchiatura: il coltello deve stare a destra del piatto con la lama rivolta verso di esso e con accanto il cucchiaio; a sinstra le forchette (una, due, tre, a seconda del Menù); davanti al piatto le posate da dessert dove la forchetta avrà il manico rivolto a sinistra mentre il cucchiaino e/o il coltello saranno posizionati con il manico a destra; davanti alle posate da dessert, partendo da sinistra, i bicchieri, dal più grande per l’acqua fino a quello da dessert. Sarebbe buona norma mettere alla destra dell’ultimo bicchiere un piattino per il pane e una ciotolina d’acqua tiepida (magari con dei petali di rosa) per lavarsi le dita a fine portata nel caso questa avesse previsto l’uso delle mani.

Storia di una patata viaggiatrice (che finì come patata arrosto)


Bea, Bintje, Jaerla…… no, non sono strani nomi esotici di moda fra le celebrità di Hollywood e dintorni, ma alcune delle numerosissime varietà di patate esistenti nel nostro paese!Sono passati ormai più di cinque secoli da quando, nel 1538, lo spagnolo Pedro Cieza De Leòn venne a conoscenza delle PAPAS, un tubero che costituiva l’alimento principale (e veniva anche considerato alla stregua di una divinità dagli antichi Incas) nella cucina degli abitanti degli altipiani andini in Sudamerica.

Non passeranno molti anni da quel giorno e la patata (dal latino Solanum Tuberosum) approderà in Spagna portata dai conquistadores. A quel tempo, il prezioso tubero divenne famoso soprattutto per le sue proprietà curative: ad esempio nel caso di disturbi digestivi o, addirittura, crudo e tagliato a fette da appoggiare sulla fronte per combattere il mal di testa.Continuò per molto tempo a passare ininterrottamente di mano in mano, da Re a Cardinali, da Prefetti a botanici: chi (ben pochi!) lo usava come alimento, chi come medicamento, chi ancora si faceva ricamare pizzi e merletti sui quali l’immagine della patata rappresentava elemento decorativo… si narra che Maria Antonietta usasse la patata persino per acconciarsi i capelli!

Insalata Olivier, Insalata Italiana, Insalata Imperiale: La vera storia dell’insalata Russa

insalata russa

L’insalata russa è un piatto ormai entrato di fatto nella cucina italiana; è un contorno gustoso e semplice, adatto per tutti i periodi dell’anno. Può essere usata anche come antipasto ed è composta principalmente da verdure e maionese. Ma quali sono le origini di questa ricetta? Si chiama insalata russa perchè è un piatto tipico della cucina russa? In Germania ad esempio è curiosamente conosciuta come insalata all’italiana

Nel settecento era chiamata insalata alla genovese perchè molto spesso faceva la sua bella figura ai banchetti dell’aristocrazia ligure. Alcuni però sostengono che la ricetta originale sia nata dopo, a metà ottocento, in un ristorante di Mosca e prevedeva alcune varianti, tra cui caviale, code di gamberi, aragosta o addirittura anatra affumicata a seconda della stagione. L’autore della prima insalata russa si chiamava Lucien Olivier ed infatti in Russia questo piatto è conosciuto come insalata Olivier, ma anche come insalata alla polacca. Gli ingredienti con cui veniva preparata l’insalata Olivier erano vari ma sempre ricercati e quindi spesso costosi. Quando la ricetta iniziò a diffondersi nel resto d’Europa la ricetta venne inevitabilmente modificata, sostituendo agli ingredienti più pregiati altri più economici e comunemente reperibili.

Il nome dello chef che la inventò dovrebbe comunque far trasparire qualcosa sulle sue origini, che erano parigine. In realtà la cucina russa nazionale era ben diversa da quella dei ricchi ristoranti della capitale. Sulle tavole dei comuni cittadini, che perlopiù vivevano di agricoltura, c’erano soprattutto le verdure più resistenti al freddo, come le patate, i cavoli ed i cetrioli.

Cenci dolci, Struffoli, Frappe e Frittelle: Geografia dei dolci di carnevale

carnevale

 

Possiamo ufficialmente dire di essere entrati nel periodo di Carnevale: domenica hanno avuto luogo le prime sfilate a Viareggio e Putigliano, il 26 ci sarà la parata di apertura ad Acireale ed avranno inizio i festeggiamenti a Venezia.

 

E cosa vuol dire Carnevale? Maschere, sicuramente, scherzi ed allegria senza dubbio, ma anche tanti, tantissimi dolci! Le ricette tipiche di questo periodo sono innumerevoli ed ogni regione italiana ha delle specialità. Il primo posto dell’hit parade dei dolci di carnevale sono i dolci fritti, come la cicerchiata abruzzese, gli struffoli napoletani, le castagnole friulane, i ravioli dolci ed il più tradizionale di tutti: le chiacchere!

 

Le chiacchere sono diffuse in tutta Italia, sebbene siano conosciute con nomi diversi: in Friuli si chiamano grostoli. in Emilia sfrappole, in Veneto galani, nelle Marche e nel Lazio frappe, in Piemonte bugie ed in Toscana cenci o stracci. La ricetta è simile ovunque anche se le variazioni non mancano. Io sono Toscana e i cenci qui si fanno così:

 

Si prepara un impasto lavorando insieme
  • ½ chilo di farina
  • 2 uova intere e 2 tuorli
  • 2 cucchiai di zucchero
  • 1 bicchierino di vino bianco
  • 1 bicchierino di liquore (anche vin santo)
  • 30 g di burro
  • Una presa di sale

Bavarese allo yogurt con fragole in salsa

La bavarese è un dolce che prende il nome appunto dalla Bavaria, regione della Germania e, oltre ad essere molto buono, non richiede una preparazione molto complicata che può essere eseguita in un tempo relativamente breve.
Si presta facilmente a diverse preparazioni infatti con la sua versatilità puà essere usato come dolce di base aggiungendo poi gli ingredienti che più ci piacciono come cioccolato, caffè, caramello e frutta di vario genere.

Questa preparazione che vi propongo può essere modificata a piacimento, invece delle fragole si può usare qualunque frutto tanto per la salsa quanto per la preparazione.

Gli ingredienti che vi occorrono, per 4-6 persone, sono:
  • 250g di yogurt bianco magro
  • 1,5dl di panna
  • 130g di zucchero
  • 6g di gelatina in fogli
  • 200g di fragole

Una tisana per ogni rimedio: dallo sciamano alla…nonna!

Nelle culture primitive, quando ancora non esistevano i farmaci e i concentrati di medicinali chimici, i rimedi contro le più comuni patologie erano tutti naturali, basati su preparati a base di erbe, impacchi e infusi di vari tipi. Non solo, per curare i mali si ricorreva all’uso della magia e di particolari rituali propiziatori degli spiriti. Basti pensare allo stregone di molte tribù africane o alla figura dello sciamano, presente nelle popolazioni indiane. Si trattava di rituali specifici per ogni tipo di mediazione con le potenze sovrannaturali, dalla protezione per un viaggio alla guarigione da febbri e malattie, dal favore per la vittoria in guerra alle cerimonie di passaggio all’età adulta, tutto era inquadrato in particolari riti: sequenze di movimenti, uso di erbe dalle mille virtù, danze, invocazioni, formule magiche.

La cultura occidentale ha un corrispondente “sciamanico” nella figura della nonna e dei suoi rimedi naturali. Chi non ha mai applicato almeno una volta i rimedi alternativi proposti dalla saggezza dei nostri avi? Dal miele come lenitivo della tosse all’olio come decongestionante, alla menta come sbiancante e chi più ne ha, più ne metta.

Più di recente la medicina naturale ha fatto del curarsi con gli aromi e le erbe una vera e propria scienza. In commercio esistono vari preparati e tisane a base di erbe che propongono soluzioni e cura di numerosi disturbi: dall’insonnia alla depressione, dal metabolismo alla memoria, questi antichi rimedi sembrano fornire la chiave alla soluzione di tutti i malesseri. Vediamo quali sono le principali erbe e piante officinali impiegate dalla medicina alternativa e precisamente dall’omeopatia e i loro usi.

La baguette: più che un pane, un simbolo!

La baguette, il caratteristico filone di pane francese, è larga circa 5 o 6 centimetri, alta 3 o 4 centimetri e lunga pressappoco 65 centimetri. Il peso di una baguette è di 250 grammi. Contraddistinta dalla crosta croccante e dorata, all’interno è invece morbida e bianca. Un ottimo metodo per valutarne la qualità è pressarla con le mani, una volta allentata la presa la vera baguette, infatti, riprende la sua forma.

Malgrado in Francia esistano altre varianti di pane, la baguette è diventata un simbolo della Francia, e più nello specifico di Parigi. Durante un mio viaggio nella capitale francese, sono rimasta sbalordita dalle mille occorrenze in cui era presente: partendo dalla mattina a colazione, accompagnata da burro e marmellata (nel bed and breakfast di Montmartre in cui alloggiavo servivano le demi-baguettes ancora calde di forno), per arrivare allo spuntino di metà mattinata o al pranzo con la demi-baguette o sandwich nei mille chioschi disseminati per la città, che ne propongono diverse varianti: farcita con prosciutto crudo o cotto, tonno, insalata, uova, formaggio, pomodori. Alcune sono talmente colme che strabordano! Alla sera non è certo raro poi veder rientrare i parigini dal lavoro, in metro o per strada, con una baguette sotto il braccio, acquistata nelle boulangeries, l’equivalente dei panifici italiani.

La nuova cucina cinese. Maiale al Marsala

Tutti quanti ormai conosciamo la cucina cinese, ma la sua diffusione nel mondo occidentale è da ricondurre, indubbiamente, allo sviluppo dei diversi quartieri americani denominati China Towns. Dai ristoranti di questi quartieri, popolati quasi esclusivamente da immigrati cinesi, in cui si cercava di mantenere quanto più intatte possibili le tradizioni, per sentirsi un po’ meno distanti da casa, la cucina cinese conquista il mondo.
Nella cucina cinese, generalmente, si possono individuare tre “anomalie” che la caratterizzano, rispetto agli usi tradizionali della cucina occidentale: l’assenza di pane, dei coltelli e del sale.
Il pane è sostituito dal riso, che viene servito o semplicemente bollito o alla cantonese, ed è usato per accompagnare ogni vivanda.
L’assenza dei coltelli è possibile perché ogni alimento, le carni in particolare, è tagliato seguendo delle regole ben precise, che permettono di mangiare usando solamente le tipiche bacchette, fatta eccezione, ovviamente, per brodi e minestre.
Infine la mancanza di sale, nella cucina cinese per insaporire si utilizza la salsa di soia.
Ma come tutte le grandi cucine nazionali, che si diffondono nel mondo, anche quella cinese, non è rimasta immune alle contaminazioni, ed un ingrediente particolarmente gradito agli odierni chef cinesi è il vino Marsala, che si unisce sapientemente ai sapori dei loro piatti.

La bottarga, il mare delle nostre isole in tavola

Sapore di sale, sapore di mare… come recitano le parole di una famosa canzone! Nei grigi giorni d’inverno viene un po’ di nostalgia pensando ai bei giorni d’estate, passati al mare rosolandosi al sole comodamente distesi.
Di solito per alleviare questi pensieri preparo un piatto che ricorda il profumo del mare e della natura, fresco e leggero, ma estremamente gustoso: la bottarga.

La bottarga altro non è che uova di cefalo (o muggine) o di tonno, che lavate, compresse, salate ed essiccate si trasformano in un’autentica prelibatezza da gourmet dal sapore intenso e dall’odore pungente. Completata la stagionatura si presentano come una specie di coppia di salsicciotti, dall’impasto morbido di colore arancio.

I maggiori centri di produzione di questo prodotto, in Italia, sono due isole il cui mare ricco e generoso, oltre ad essere una forte attrazione turistica per le bellezze naturali che offre, è fonte di lavoro per molti, parliamo della Sicilia e della Sardegna. In queste isole ancora oggi la lavorazione del tonno e del cefalo è spesso artigianale ed è possibile trovare prodotti di alta qualità.

Filetti di tonno fresco, cipolla e peperoncino

Il tonno non è certo da considerarsi un pesce di serie b, malgrado venga spesso associato alla classica scatoletta, già pronta da aprire, da aggiungere all’insalata o per preparare un piatto di pasta semplice e veloce. Costituisce una ricca fonte di fosforo, sali minerali e proteine e viene perciò considerato un ottimo ricostituente ed energetico. Vive in banchi, laddove il mare è più azzurro, per questa caratteristica e per il colore azzurro argento, rientra nella categoria denominata pesce azzurro.Nel Mediterraneo se ne incontrano due varietà: il tonno rosso e il tonno bianco o alalunga, che vengono vendute in tranci e in filetti, mentre il tonnetto o bonito, di qualità meno pregiata, si trova in commercio intero.

La ricetta che vi propongo proviene dalla cucina calabrese, procuratevi dunque l’immancabile peperoncino piccante. Iniziamo procurandoci gli ingredienti (le dosi indicate sono per quattro persone).

Castelmagno, principe dei formaggi piemontesi

castelmagno

Il castelmagno è un celebre formaggio tipico della regione Piemonte. Il suo nome deriva da un santuario dedicato ad un soldato romano, che si chiamava appunto Magno, il quale venne perseguitato sulle montagne della zona in cui viene prodotto oggi questo formaggio. La produzione di questa specialità riguarda la provincia di Cuneo ed in particolare tre comuni, Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana. E’ un formaggio a pasta semidura, prodotto con latte vaccino e, in percentuale minore, anche ovino e caprino. La sua storia ha avuto inizio probabilmente nell’anno mille, ma le prime notizie che lo riguardano sono del tredicesimo secolo, quando gli abitanti di quella che è ora la provincia di Cuneo lo usavano per i pagamenti.

Durante la lavorazione del formaggio il latte viene fatto salire alla temperatura di 37-38 gradi a cui viene poi aggiunto caglio liquido. Viene poi fatto riposare per almeno 30 minuti ed avvolto in un telo, pressato ed appesso per 12 ore circa a sgocciolare. In seguito passa dai 2 ai 5 giorni in un recipiente di legno. Quindi viene rimescolato, ripressato e rilasciato a riposare per un massimo di altri 3 giorni, questa volta in fascere. Il periodo di stagionatura va dai 2 ai 5 mesi che le forme passano in vere grotte naturali.

Il castelmagno ha un sapore forte, soprattutto se molto stagionato. E’ diventato un prodotto di origine protetta dal 1996 ma questo non ha evitato che si diffondessero imitazioni meno curate. Per gustarlo al meglio la soluzione migliore è un bel giro tra i caseifici della Alta Valle Grana, magari in compagnia di una bottiglia di Nebbiolo!

Il peperoncino: Mille e una virtù…piccanti!

peperoncini

Peperoncino.

Il peperoncino appartiene al genere del Capsicum, della famiglia delle Solanacee, la cui radice latina capsa significa scatola e deve il nome alla forma del frutto, che sembra rimandare proprio ad una scatola contenente i semi. Altra versione vuole invece che il nome tragga la sua radice dal greco kapto, mordere, con riferimento al gusto piccante che morde il palato quando si mangia. Il nome “peperoncino” invece gli deriva dalla somiglianza di gusto con il pepe, il piper latino.

Il peperoncino era già usato come spezia dagli indiani del Messico e del Cile, e fu importato in Europa da Colombo nel 1493 e successivamente diffuso nel continente dagli spagnoli. Nel nuovo mondo era invece chiamato chili, termine che appartiene alla lingua nahuatl, e tale è rimasto in lingua inglese.

La pianta, un arbusto perenne a vita breve, può essere coltivata anche su un balcone. La semina avviene a febbraio al centrosud e a marzo al nord, i frutti si raccolgono in estate-autunno. E’ bene consumare freschi i peperoncini, affinché non perdano le loro proprietà, ma possono anche essere conservati sott’olio o in polvere (dopo averli fatti seccare al sole e tritati).

Riso al mandarino, per chi non vuole mai rinunciare alla frutta

mandarini

I mandarini nascono da un arbusto originario della Cina e del Giappone, ma sono diffusissimi anche da noi da due secoli. Come tutti gli agrumi il mandarino è un frutto ricco di vitamina C, calcio, potassio e fibre. E’ anche un frutto fresco e molto dolce, talmente dolce che è uno dei più ricchi di zuccheri (oltre il 17%) ed il suo apporto calorico è pari a 72 per 100g.

Esistono diversi tipi di mandarini, ma la varietà più classica è la “palermitana” o avana. Oggi sono però più commercializzati i due ibridi del mandarino, il mandarancio ed il clementino, privi dei fastidiosi noccioli.

I mandarini come del resto tutta la frutta fanno molto bene al nostro organismo; aiuta a rafforzare il sistema immunitario e consente un buona ccrescimento scheletrico, per cui è ottimo per i bambini. Il mandarino è anche ricco di bromo, il che gli fa avere una azione sedativa sul sistema nervoso (il mandarino è antistress!?!). Le bucce, che possono essere usate per produrre oli essenziali, emanano un pofumo che concilia il sonno e rigenera la pelle. Nei casi di raffreddore un ottimo rimedio naturale è proprio il mandarino: provate a frullare tre mandarini ed aggiungetevi del miele e dell’eucalipto sciolti in un po’ di acqua calda.

Dal momento che il mandarino è un frutto così salutare oltre che buono non resta altro che sbizzarrirsi provando ricette che ne contemplano l’uso come marmellate, crostate e perchè no, risotti!