Mozzarella in carrozza light


La mozzarella in carrozza è un piatto sicuramente godurioso ma ricchissimo di calorie, soprattutto per la presenza del fritto. E’ un piatto di origine campana ma diffusosi via via in tutta Italia. Mi ricordo ancora quando, andando a visitare la bellissima città di Verona, di cui mio padre è nativo, ci imbattemmo in una friggitoria che sfornava calde calde mozzarelle in carrozza filanti. Dopo quell’esperienza ho creduto che la mozzarella in carrozza fosse veneta in realtà era semplicemente una contaminazione gastronomica! Se la cosa che vi ha frenato fino ad ora nel fare spesso questo piatto sono state le molte calorie (600kcal. a porzione) provate a ridurle cucinandola in questo modo alternativo. Vi assicuriamo che a perderci saranno solamente le calorie e non il sapore.
Mozzarella in carrozza light (ingredienti per 4 persone)

Le Braciole napoletane al sugo

In Italia ogni regione ha le sue ricette, ma soprattutto i suoi modi di chiamare il cibo. Al sud, in particolar modo a Napoli, questa usanza di ribattezzare i piatti è una cosa molto comune. La cosiddetta braciola napoletana è uno di questi.

In Campania di solito la domenica si mangia il ragù. Quando non è possibile cucinare quello classico che prevede l’utilizzo di diverse parti della carne di manzo, è uso comune prepararlo con le braciole. E’ per questo che va fatta un’importante distinzione, perché nessuno sbagli se si trova a mangiare in una casa o in un ristorante nelle zone di Napoli.

Dimenticate la costoletta di maiale o qualsiasi altro tipo di carne arrostita cui siete abituati quando pensate alla braciola napoletana. Forse non tutti conoscono la preparazione originale di questo prelibato piatto, parente strettissimo degli involtini di carne. Semplice e gustoso, si cucina in maniera veloce e il risultato è eccezionale. Ecco di seguito la ricetta per svelare il mistero di questo tipico piatto partenopeo.

Cassata al forno, semplice gusto di Sicilia

Torta di ricotta, semplice e gustosa

Oggi propongo una ricetta dedicandola a tutti coloro che conoscono la Sicilia e ne sono rimasti colpiti tanto dalle bellezze paesaggistiche e storiche che dalle specialità culinarie, e a tutti i siciliani sparsi per l’Italia.

Spero che preparando e gustando questo dolce, emblema dell’Isola, possano scacciare un po’ la nostalgia e rivivere i sapori e le sensazioni provate nella loro permanenza in Sicilia.

Una versione più leggera e meno edulcorata della tradizionale cassata è la Cassata al forno, molto semplice da preparare e tanto allettante quanto la coloratissima cassata tradizionale.

Il nome cassata deriva da una scodella tonda usata dagli arabi, la quasat, da cui il dolce prende il nome e la forma, ma la maestria della preparazione si deve alle suore, che anticamente in Sicilia svolgevano il ruolo dei nostri attuali pasticceri. La cassata nei secoli divenne un dolce così diffuso che la diocesi di Mazara del Vallo nel 1575 fu costretta a proibirne la preparazione per impedire che le monache fossero distratte dalle pratiche religiose.

Le madeleines: dolcetti morbidi che richiamano la Francia dell’800!

A chi andando in vacanza in Francia e soprattutto nella regione del Centre e nel bacino della Loira non è capitato di assaggiare le madeleines? Una sorta di biscottini molto morbidi la cui forma ricorda molto una piccola barca. In Italia è possibile assaggiarle comperando quelle della Montebovi, non sono uguali a quelle originali ma ci si può stare. Lo stesso Marcel Proust in uno dei suoi racconti parla delle madeleines come fossero un rispecchio dei sensi e della vita ma in realtà è lo stesso suo spirito che si desta da un profondo sogno. Mi piace però farvi sapere che cosa dice Proust in quell’occasione:

Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicessitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale.

Doppio appuntamento col vino il 24 MAggio: Il “Miglior Sommelier del Mondo” a Roma e i “Gran Cru della Costa Toscana” a Lucca

wsa worldwide sommelier association

Fine settimana a dir poco impegnativo per sommelier e comunqua appassionati di vino. Come ci ricorda il sito ufficiale AIS (Associazione Italiana Sommelier) e il sito della WSA (WorldWide Sommelier Association) si terranno a Roma, al Cavalieri Hilton il sabato 24 maggio le prove finali da cui uscirà il Miglior Sommelier del Mondo. Andrea Gori non sarà della partita in quanto l’Italia avrà come rappresentante un grandissimo sommelier giovane ma determinato come Luca Gardini, già campione italiano nel 2004 e che è approdato dopo esperienze importanti come quelli all’Enoteca Pinchiorri a Firenze, alla corte di Cracco a Milano.
Luca rappresenta non solo probabilmente il sommelier più preparato dal punto di vista tecnico e nozionistico in Italia ma anche quello che più di ogni altro ogni giorno con le sue sperimentazioni e abbinamenti originali riesce a far fare un passo avanti al mestiere di Sommelier.
Basta ricordare l’abbinamento ostriche e distillato di Birra Theresianer e l’abbinamento “nel piatto” di whisky e mousse dolce.

Gli altri partecipanti al concorso sono Andrew Connor (New Zealand), Manuel Moreira (Portogallo), Yuniko Ushio (Giappone), Leandro Emanuel Orona (Argentina), Roger Viusà (Spagna, già campione Europeo davanti ad Andrea Gori), Milan Krejci (Rep. Ceca), Gabriele Rappo (Inghilterra), Byung-Kyun Yoo (Korea), Isabelle Le Balpe (Francia), Aldo Shom (U.S.A.), Gerardo Tèllez Zamorano (Messico) e Romano Thierry (Andorra).

Ingresso in sala dalle 15:30, inizio finali alle 16 e non mancate la grandissima degustazione di vini al termine della finale. Dopo il salto li elenchiamo tutti, con in neretto i vini da non perdere assolutamente.

Quiche lorraine: una torta salata che viene dalla Francia


La quiche lorraine è una torta salata di origine francese, morbida e dal sapore delicato; per assaporare la vera quiche lorraine non possiamo far altro che andare in Francia ed in particolare in Lorena dove questa ricetta è molto diffusa; l’impasto base e tradizionale della quiche si prepara unendo tra loro tre ingredienti basilari ossia uova, pancetta e formaggio. Naturalmente il tempo ha apportato delle modifiche all’impasto base infatti molto famosa è divenuta la quiche a base di uova e formaggio o quella a base di uova e verdure. La ricetta che vi presentiamo quest’oggi cerca di avvicinarsi il più possibile all’originale seppur con alcune introduzioni nostrane!
Quiche lorraine agli zucchini (ingredienti per 6 persone)
Per la pasta
per la farcitura
  • 1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
  • 500gr di zucchini
  • 200gr di prosciutto cotto tagliato in una sola fetta
  • menta
  • 4 uova
  • 150gr di formaggio di capra fresco
  • 30 cl di latte
  • erba cipollina
  • sale, pepe
  • 50gr di parmigiano

Il Cognac, l’acquavite dallo spirito francese – parte2

Ieri abbiamo scoperto insieme i luoghi dove nasce il cognac e quali sono gli elementi fondamentali per ottenere un prodotto di così alto pregio. Ma dobbiamo ancora scoprire la magia che si nasconde sotto questo liquore.

Il segreto del cognac si cela, infatti, dietro il metodo di distillazione dell’acquavite, che è rimasto invariato da circa cinque secoli. Il particolare alambicco, rigorosamente costruito in rame, che si utilizza per la distillazione dei vini destinati alla produzione del cognac, fu messo a punto nel quindicesimo secolo e prende il nome di alambicco di tipo Charentais.

I vini da distillare, caratterizzati da un basso grado alcolico e da alta acidità, sono fatti distillare per ben due volte. Nel corso della prima distillazione si recupera il cuore del distillato, la parte più nobile, dove si concentrano l’alcol etilico ed i profumi. Dopo un attesa di dodici ore, avviene la seconda distillazione, dalla quale si ricava un liquido incolore con gradazione alcolica tra i 65 ed i 70 gradi.

Foie Gras I

Il «Foie Gras» (fegato d’oca), che non ha niente a che vedere col ‘Pâté de Foies’ (patè di fegatini di pollo), è una delicatezza tutta particolare della cucina francese, da presentare in tavola con la stessa accortezza con la quale presenteremmo un “beluga”, caviale grigio di storione.

Questa specialità del Sud-Ovest della Francia è caratterizzata dal modo in cui gli animali vengono nutriti, provocando l’ingrossamento del fegato che diventa cosi ‘fegato grasso’. Il foie gras puo’ essere di anatra o di oca e la differenza è ormai praticamente nominale, a parer mio, visto che entrambi provengono da allevamenti, anche se molti confermano che il migliore sia il foie gras d’anatra che è anche molto più piccolo.

Con il suo sapore delicato e contemporaneamente altamente saporito è caratterizzato da una consistenza finissima, quasi burrosa che ispira gli abbinamenti più azzardati. Tradizionalmente accompagnato dal ‘Sauternes’ un vino dolce con aromi di bosco al palato, il Foie Gras è spesso abbinato a piccoli contorni agrodolci e speziati come le cipolline caramellate al pepe rosa, i fichi in riduzione di aceto balsamico, gelatine di Porto o di Montbazillac.

Viene tradizionalmente servito con crostini di pane di segala, ma a me piace presentarlo con un buon pane alle noci per farne risaltare tutto l’aroma della selvaggina.

La sua preparazione è semplice e come tutte le cose che sembrano semplici, ci sono accortezze da non dimenticare se vogliamo portare in tavola un vero capolavoro.

Il Cognac, l’acquavite dallo spirito francese – parte1

Osservando attentamente una cartina geografica della Francia, cercando ad ovest, dalla parte che si affaccia sull’Oceano Atlantico, poco sopra Bourdeaux potrete scorgere una piccola cittadina di nome Cognac, ebbene è proprio da questo punto che inizia il nostro viaggio.

In questo piccolo comune francese, come rivela lo stesso nome del luogo, si produce il celebre distillato di vino che tutto il mondo conosce come Cognac, e visto che questo è l’argomento che tratterò oggi, non potevo far a meno di iniziare collocando geograficamente l’area di produzione di questo liquore.

Area di produzione, che come esige la tradizione viticola francese, è più che determinante per la qualità e la tipicità del vino e dei distillati. Il Cognac, in particolare, visto che dal punto di vista produttivo è uguale al Brandy, deve molto alla sua zona d’origine che gli conferisce il nome e che ne caratterizza la personalità.

La torta di riso: le origini e un modo per prepararla


La torta di riso è un dolce tipico toscano ma come ogni ricetta regionale che si rispetti si è poi diffuso in tutta Italia assorbendone le diverse varianti locali. Anche io che non sono toscana ma romana apprezzo molto questo dolce facendolo spesso. Ritengo tuttavia che anche la torta di riso così come molti dolci della tradizione italiana abbiano le loro differenze e pertanto invito i lettori a suggerirci dei modi alternativo alla ricetta che sto per presentarvi.

L’antenata della torta di riso era la torta di farro: una preparazione salata preparata con formaggio di capra, latte farro e orzo e poi evolutosi con il riso e nella versione dolce. Oggi in molte zone della toscana la torta di riso è il dolce delle feste comandate. Si prepara con latte, uova, zucchero, liquore e buccia di limone grattata. Non esite paese o frazione del comprensorio, che non ne rivendichi la primogenitura. Ogni anno nel paese di Bedizzano si svolge la Sagra della torta di riso.

Peperoni arrostiti: un metodo rapido per prepararli

Peperoni arrostiti: un metodo rapido

I peperoni rossi: sono dappertutto in questi giorni. Bellissimi, coloratissimi e carnosi tanto che a vederli sembrano quasi finti, ma la cosa che attira la mia attenzione sono i prezzi relativamente bassi visto che ancora non siamo nella ‘alta stagione’ tradizionale. Difatti, vengono dal Messico i nostri bei peperoni, dove sono cresciuti in serre per mantenerli carnosi e succosi… altrettanto buoni di quelli olandesi, ma ad una frazione del loro costo.

Il modo migliore per preparare i peperoni arrostiti, è sicuramente sulla brace, all’aperto, girandoli uno per uno finchè non si bruciacchia ogni angolo. Poi si arrotolano nella carta da giornale e si lasciano intiepidire. Dopo di che ci si munisce di ’scafandri’ per pelarli e togliere tutti i semi; se non prendete precauzioni, invariabilmente, pellicine e semini si incollano dappertutto, dai capelli agli abiti ed invariabilmente per terra… per non contare le mani che diventano arancioni per 2 giorni come minimo.

La vera storia della pizza surgelata


Quest’oggi non siamo qui a darvi la ricetta della pizza surgelata, anche perché il bello della pizza fatta in casa è farla fresca e assaporarla croccante e appena sfornata. Certo quando non abbiamo il tempo di metterci a preparare né la pasta e né tutto il condimento, l’ideale è una pizza al volo presa dal congelatore. Devo essere sincera molte sono le marche provate e nessuna uguaglia minimamente una pizza fatta in casa anche solo con mozzarella e pomodoro.

Tuttavia se proprio non volete rinunciare ad una pizzetta veloce provate le pizze della Coop, della Conad, della Buitoni insomma grandi marche che mettono ingredienti di prima qualità, rispetto a marche discount in cui il sapore lascia proprio a desiderare. Era il 1945 quando la prima pizza surgelata nel mondo fu messa a punto proprio per una spedizione aerea. Era in corso la seconda guerra mondiale Francis Ferrari, italo-americano di Newark, ricevette una lettera del fratello Fred che combatteva nel corpo dei marines a Iwo-Jima.

Sarde a Beccafico, simbolo Siciliano

Oggi sono ben lieto di descrivervi la preparazione di uno dei piatti più tipici della Sicilia ed in particolare della mia città, Palermo. Un piatto a base di un pesce “povero”, molto comune nelle antiche famiglie di pescatori, le sarde.

Le sarde sono una delle varietà di pesce che forse più delle altre si identifica con la Sicilia. Pesce molto economico, da sempre, è stato per lungo tempo il pesce che le famiglie meno facoltose mangiavano con una certa regolarità. È per questo che tra le ricette della tradizione popolare siciliana si trovano molte portate a base di sarde.

Quella che vado a descrivere è la preparazione delle sarde a beccafico, un piatto frequentemente usato come secondo, ma dai più voraci, talvolta viene ordinato come antipasto. Il curioso nome di questa pietanza si deve ad un uccelletto che popola i campi dell’isola chiamato, appunto, Beccafico, in quanto ghiotto di fichi. Per quanto riguarda la preparazione, è semplicissima!