TEMPO: 1 ora circa | COSTO: medio | DIFFICOLTA’: bassa
VEGETARIANA: SI | PICCANTE: NO | GLUTINE: SI | BAMBINI: SI
Il panettone milanese è carico di leggende e racchiude nella sua storia la suggestione della cerimonia del ‘ciocco‘, celebrata nella notte di Natale: il padre, riunita la famiglia intorno al camino, dopo essersi fatto il segno della croce, poneva sul fuoco (simbolo di redenzione), un tronco di quercia, ornato con rami di ginepro e di alloro (allegoria dell’albero del bene e del male); versava del vino in una coppa (metafora del mistero eucaristico) e con gesti solenni ne spruzzava alcune gocce sul fuoco.
Dopo averne bevuto un sorso, lo offriva a tutti i congiunti; gettava una moneta nel fuoco e ne regalava una ad ogni familiare. La madre preparava tre pagnotte di pane, a forma di cupola, dalle quali il padre spezzava, con le mani, altrettanti tozzi, che venivano conservati fino al Natale successivo. A questi pezzi si dava un significato taumaturgico e venivano mangiati, a briciole, in occasione di malattie o di gravi problemi famigliari. Secondo alcuni, verso la fine del 1600 un fornaio di nome Toni ebbe l’idea di aggiungere alla pasta lievita, tutti gli ingredienti dell’attuale dolce: era nato il ‘pan del Toni’!
Più banale è la storia del pandoro di Verona, il cui nome deriva dalla copertura del dolce, eseguita con sottili fogli d’oro. Le nocciole o le mandorle sono protagoniste dei biscotti di pasta friabile che in tutto il centro Italia sono l’emblema del Natale. Inzuppati nel vino dolce rappresentavano la degna conclusione dei pranzi delle feste. Fra le numerose ricette ho scelto quella che sembra incontrare i consensi maggiori. Quì la ricetta!