Il vino genuino bevuto in giusta dose non fa male e prima che venissero messe a punto troppe moderne medicine ed elisir, i saggi medici del passato riconoscevano al vino particolari azioni curative. Un buon vino, infatti, contiene calcio, potassio, magnesio, ferro, iodio, fluoro, sodio, manganese; elementi, dicevano, che danno vigore al nostro corpo, favoriscono la digestione, e hanno anche un’ azione ristoratrice ed euforica.
Vediamo brevemente di imparare a conoscere quei vini importanti come il Barolo, il Gattinara, l’Inferno, il vecchio Chianti, il Rosso Cònero. Vanno sempre serviti a temperatura ambiente, trasferendo la bottiglia dalla cantina alla casa qualche giorno prima, in modo che il vino raggiunga lentamente i 18-20 gradi. Come non si deve raffreddare il vino bianco mettendo del ghiaccio nei bicchieri, così per riscaldare il vino da arrosto non si dovranno mai avvicinare le preziose bottiglie al termosifone o, peggio, immergerle in acqua calda. L’incauta manovra potrebbe provocare la rottura del vino e comprometterne il sapore.
Stappate qualche ora prima del pranzo, le bottiglie di vecchia annata vanno maneggiate con un certo riguardo per non smuovere i depositi di fondo, che d’altra parte sono garanzia di autenticità della lontana produzione. Appena stappata una bottiglia di vino «impegnativo», bisognerà comportarsi come un saggio sommelier (un cameriere qualificato per il servizio del vino): odorare il tappo (se ha sgradevole odore, anche il contenuto sarà alterato), assaggiarne un sorso per evitare delusioni generali, quindi versare con la massima prudenza.
Tutte queste cure possono essere tralasciate per le bottiglie di giovane età, che di norma vanno aperte al momento del pranzo. Restano valide le regole generali: il rosso non va bevuto freddo; semmai gli si può concedere mezz’ora di frigo in casi eccezionali, come la bassa gradazione, l’etichetta anonima, le estati calde. I rosati, invece, devono essere bevuti senz’altro freschi sui 10-12 gradi, quasi come si raccomanda per i bianchi.