L’invenzione del formaggio, che i Greci attribuiscono alla ninfa Amaltea (nutrice di Zeus), è stata casuale. Infatti coincide con il momento in cui l’uomo da cacciatore diventa anche agricoltore e pastore: si accorge che il latte (conservato in otri ricavati dallo stomaco di capre o di pecore) si trasforma in poco tempo in un prodotto completamente diverso nel gusto e nell’aspetto. Proprio in questa ottica, l’uomo decide di lavorare il latte (che noi oggi definiamo cagliato), per ottenere un alimento nuovo, vario, saporito e soprattutto facile da conservare e trasportare.
Da allora il formaggio in tutte le sue infinite varianti diventa un cibo base, richiestissimo ovunque. Ogni pastore, secondo la zona di pascolo, impara a conoscere le caratteristiche del proprio latte e lo lavora in modo tale da accentuarle nel prodotto finito. Insieme al grana, al gorgonzola e alla mozzarella, la Fontina è uno dei formaggi più antichi. Notizie di questo prestigioso alimento a pasta semidura risalgono al 1270. È stata trovata in Valle d’Aosta una pergamena in cui compaiono le fasi di lavorazione tipiche della Fontina.
Già, perché Fontina è sinonimo di Valle d’Aosta e solo qui si produce quella vera, ed i motivi sono precisi. Questo formaggio viene prodotto con latte di mucca di pura razza valdostana dal mantello color avorio pezzato di rosso fulvo, con struttura robusta ma asciutta. Questi animali vivono in pascoli ricchi di dirupi in un clima particolarmente ossigenato. La Fontina Valdostana si produce in due sole varianti: quella invernale e quella estiva.
La produzione di Fontina invernale avviene a circa 1600 metri di altezza con latte ricavato da mucche che si cibano di fieno raccolto a fondovalle. La Fontina estiva, invece, è ricavata dal latte di mucche che si nutrono di erbe di alpeggi a 2000 metri, particolarmente ricche di aromi e profumi introvabili ad altre altitudini. Il latte viene trasportato ai punti di raccolta (di solito a fondovalle) 2 volte al giorno. Infatti, per ottenere una Fontina perfetta occorre che la lavorazione avvenga 2 volte al giorno entro 2 ore dalla mungitura. Questo per evitare un’eccessiva fermentazione che impoverirebbe il prodotto finito.
Una volta arrivato al caseificio, il latte viene controllato, passato attraverso enormi filtri ed immesso direttamente nelle caldaie. Viene aggiunto il caglio necessario per la coagulazione, quindi si passa alle fasi di trasformazione. Il casaro provvede alla spezzatura della cagliata, alla sua estrazione, quindi versa il tutto in appositi stampi posti sotto una pressa per far sì che il “formaggio” spurghi ed assuma nello stesso tempo la classica forma di cilindro appiattito. Le forme vengono poi trasferite in apposite cantine scavate nella roccia (grotte di maturazione) dove vengono controllate giornalmente da esperti tecnici per tre mesi.
A maturazione avvenuta, le forme vengono selezionate e quelle definite senza difetti vengono marchiate, classificate con un numero di matricola che attesta la provenienza e la data di lavorazione. La Fontina a questo punto è pronta: si presenta in forme che oscillano tra i 10 ed i 12 chilogrammi, ha pasta morbida color paglierino con una leggera e minuta occhiatura, la crosta è morbida ed elastica. La Fontina può mantenersi intatta per circa tre anni. Invecchiando si indurisce ed assume un sapore piuttosto piccante. La giusta data di consumazione è invece entro l’ottavo mese della produzione.
La Fontina occupa un posto di primo piano nella gastronomia della Valle d’Aosta, ma è famosa anche su tutto il territorio nazionale, come unica ed inimitabile. Infatti il marchio d’origine (un cerchio che racchiude la sagoma del Cervino) determina la qualità del latte con cui il formaggio è prodotto, l’immutabile ambiente alpino e la singolare competenza dei casari che seguono le fasi di lavorazione, nonché i controlli tecnici e specialistici giornalieri.