Tante volte, tornando a casa dopo il lavoro o dopo una giornata passata fuori a sbrigare mille cose, la cosa che trovo più rilassante e distensiva è quella di mettermi in cucina. Senza più nessuno che mi corre dietro, mi chiudo nel mio regno, stappo una bottiglia di vino italiano, apro il frigo e vendo un po’ cosa si può combinare di buono.
In una serata di questo tipo mi è capitato di incappare in una ricetta molto rapida e dal sapore eccellente: il Pollo in stile tailandese. Pochi ingredienti in frigo e tante spezie in dispensa; questo è quello che occorre per cucinare il Pollo in stile tailandese. Pochi minuti di preparazione degli ingredienti, pochi minuti di cottura ed ecco in tavola il Pollo in stile tailandese.
Cerchi un locale trendy dove gustarti un aperitivo con gli amici dopo il lavoro? Happy hours magari a Milano? In realtà….. cerco di sopravvivere agli aperitivi Milanesi.
Considerando che su Ginger&Tomato abbiamo già affrontato come servire l’aperitivo, perchè non capire come soppravvivere all’aperitivo?Soprattutto a Milano, sembra non demodere questa abitudine. Non è la prima volta che qualcuno tenta di sdoganare l’argomento: c’è chi lo vive come must sociale, evento imperdibile, invece per me è un vero e proprio dramma enogastronomico. Ma partiamo dall’inizio.
Ore 19.00 : se tutto va bene, finalmente la giornata lavorativa è volta al termine. Stanchi, distrutti, chi non cede davanti al miraggio di una serata rilassante con gli amici per distendere i nervi? Avanti con l’aperitivo allora!
Ore 19.30 : ci troviamo al solito locale, bevuta alla mano, prezzo fisso happy hour 5-7 euro. Con un trionfo di free-buffet che si palesa davanti ai primi rantoli di fame.
Ore 19.35 : attacco al buffet. Ordinatamente, con timore e reverenza, pensando alla dieta, al cosa non mi farà male, cosa deve essere buono e sano.
Ore 20.00 : perdita di dei buoni propositi, seconda bevuta, inizio della fine. Attacco al buffet in ordine sparso, confuso e su più fronti, voglio assagiare tutto quello che luridamente mi viene sottoposto.
Ore 22.00 : rintro a casa e inizio del dramma. Sensi di colpa si affollano, cominciano i avrei dovuto evitare tutta quella maionese e quel fritto, si avvicina il mal di stomaco. La cena oramai è rovinata. Si possono intravedere le lunghe ore notturne della digestione e gli incubi che accompagneranno il nostro sonno: rincorsa da un finger food, cadendo in un mare di salsa rosa mi aggrappo a polpettine di pesce al sesamo.
Eccovi proposte di seguito le mie personalissime regole di sopravvivenza, collaudate in anni di interminabili e distruttivi aperitivi.
Non so voi, ma mi sento così ora, come questa zuccheriera. Tonda, piena, straripante e col tappo un po’ così. Felici risvolti del pranzo familiare Pasquale, dove ogni commensale da il meglio di sé nella proposta enogastronomica e nel consumo (lento ma inesorabile) di tale prelibatezza.
E mentre sorseggio il caffè di fine pasto, invoco tutti i santi perchè intercedano e mi facciano la grazia: riuscire a digerire questo lauto pasto e darmi la forza di superare anche la grigliata fuori porta di domani, per Pasquetta.
Ecco quello che avrei dovuto fare
Limitare insaccati, condimenti di origine animale, fritti, unti e bisunti, che rallentano la digestione
Masticare piano, molto e lentamente.
Favorire condimenti di origine vegetale, come l’olio di oliva extravergine e preferibilmente a crudo.
Limitare alcol a 1 o 2 bicchieri di vino a pasto, eliminare bevande gassate, confezionate e zuccherate.
Porzioni piccole, variare su tutto il ricco menù, soprattutto verdure, e non incaponirsi su quella meravigliosa colomba. Alla seconda fetta avrei dovuto fermarmi.
E adesso, mentre sprofondo sul divano slacciando il primo bottone dei pantaloni per poter respirare, elaboro congetture e teorie su pratici sistemi per favorire una corretta digestione. Sempre con il prezioso supporto dei consigli della nonna.
Ecco 5 trucchi per una sana e corretta digestione:
Tante volte nelle ricette che ho scritto ho parlato di piatti finger food, pratici e divertenti, comodi ed alternativi per cene e feste in stile molto informale. Per non trascurare poi il piacere atavico di avere un contatto fisico con il cibo, di sentire al tatto la rugosità del pane o la liscia pelle del pomodoro, il cibo va gustato fino in fondo in tutti i suoi aspetti che coinvolgono i sensi.
Ma se da un lato il piacere puro, semplice e selvaggio, nel senso buono del termine, conquista anche gli spiriti più tradizionalisti, dall’altra parte, mangiando con le dita, si rischia di sporcarsi e di rimanere con le dita unte o tutt’al più si spreca una quantità spropositata di tovagliolini di carta. Se ci troviamo poi in un locale pubblico o per strada e siamo costretti a prendere un pasto al volo, e non abbiamo il tempo di lavarci le mani entra in gioco anche l’igiene.
Prendo spunto da un articolo, a firma dell’antropologo alimentare Sergio Grasso, che voi tutti ricorderete per le sue comparse in diversi programmi TV, che ho letto qualche giorno fa su uno dei tanti giornali gratuiti che distribuiscono alle fermate degli autobus, per trattare un argomento a me molto caro: gli abbinamenti e i contrasti.
Gli abbinamenti, trattati però a 360 gradi e non limitatamente a quelli tra cibo e vino. Citando l’articolo, si legge:
“ L’abbinamento tra un cibo e un vino tende a esaltare le qualità di entrambi. La maggior parte di questi accoppiamenti si basa su un’osservazione tanto banale quanto vera: l’armonia nasce dal contrasto.”
Sottolineo la frase: le armonie nascono dal contrasto, perché questa sintetizza molto bene il mio punto di vista sugli accostamenti e gli abbinamenti gastronomici ed eno-gastronomici. Tante volte, nei post che ho scritto sulle ricette, mi sono soffermato a descrivere i contrasti che esaltavano il gusto del piatto che descrivevo. Ma non ho mai parlato nello specifico di cosa rappresentano i contrasti in cucina.
Situazione molto comune per gli studenti, dopo una serata di studio di gruppo, prima di ritirarsi ognuno nelle proprie case, presi dai morsi della fame, ed in alcuni casi anche da quelli della coscienza, si conclude la giornata con una bella spaghettata. La ricetta della Pasta con il tonno e pesto, nasce come ricetta molto semplice, colorita successivamente da un aggiunta di pomodorini e pinoli, così come la presento a voi stamane.
Ieri ci eravamo lasciati dopo aver scoperto quali erano i concetti teorici sviluppati dalla corrente artistica Futurista sulla cucina e sulla tavola, oggi passeremo alla parte pratica e andremo a sviscerare le pietanze che compongono unMenù futurista.
Nella celebre data dell’8 marzo 1931, in un ristorante torinese chiamato La Taverna del SantoPalato, si è tenuta la prima cena futurista, con un menù completo, che spaziava dall’antipasto al dessert, che seguiva in modo preciso i precetti dettati dal Manifesto della cucina futurista.
Il SantoPalato, era il ristorante, o, come lo ribattezzo Marinetti, la taverna dei Futuristi. Decorata dall’architetto Djulgheroff e da Fillia, la taverna era il luogo degli incontri e dei convivi dei Futuristi.
Gli artisti-autori che misero la firma sul primo menù Futurista furono: il pittore Fillìa e il critico d’arte P.A. Saladin e i cuochi Piccinelli e Burdese. Dalle mani di questi personaggi presero forma dei piatti molto pittoreschi e dai nomi molto evocativi. Eccovi un menù Futurista con una breve descrizione di alcune porzioni. Rispettando il volere degli autori di queste portate, ritengo doveroso citare l’inventore della ricetta, o meglio, formula, come la chiamavano i Futuristi.
Che la cucina sia una vera e propria Arte (con la A maiuscola), noi di Ginger and Tomatolo abbiamo sempre sostenuto! Ma c’è chi prima di noi ha unito l’arte e la gastronomia, creando dei menù, sia concettualmente che graficamente, veramente fantasiosi e creativi. Molti artisti hanno uno stretto legame con i cibi e la cucina, nei quadri di Salvador Dalì, ad esempio, compaiono spesso dei fagioli, i suoi orologi molli sono ispirati al formaggio fuso e nelle sue opere si può spesso osservare una particolare forma di pane tipicamente spagnola.
Ma sicuramente i più fantasiosi ed estrosi sono stati gli artisti Futuristi, che con la loro idea di stravolgere tutto ciò che riguardava la società convenzionale, hanno voluto lasciare la propria impronta anche nel mondo gastronomico proponendo il Menù Futurista, con piatti e opere interamente ispirate a questa corrente artistica.
Nel gesto più normale e legato alle esigenze quotidiane degli individui, il nutrirsi, i Futuristi hanno individuato l’esprimersi della mentalità e delle idee delle persone. Così: la scelta dei cibi, il modo di stare a tavola o la maniera in cui si mangia diventano indicative della personalità e delle ideologie delle singole persone.
Forse, i più attenti tra voi, avranno scoperto che sono un appassionato di insalate, ma non insalate semplici, bensì di insalate d’arance. Infatti, devo confessarvi, che non sono un grande amante della frutta tal quale, mangiata a fine pasto. Al contrario amo molto i piatti salati e vado matto per le insalate.
Proprio in questi giorni in cui l’influenza imperversa e le arance sono un aiuto per il nostro sistema immunitario, mi sono dato alla pazza gioia e ho provato differenti tipi d’insalata con le arance. Dopo l’insalata di radicchio con arance e sgombro e l’insalata d’arance alla siciliana, ho sperimentato questo particolare connubio di sapori che ho chiamato: Insalata mare-monti e frutta. Provatela, sono curioso di conoscere il vostro parere!
Pasta, pasta, pasta … amanti della pasta unitevi a me nel rendere omaggio a questo splendido alimento, che tanto caratterizza la tradizione della nostra tavola. Pasta al tonno e zucchine, Linguine al salmone o i più classici dei classici, gli Spaghetti alla carbonara, come si può resistere a simili tentazioni?
Ma lasciamoci avvolgere totalmente dalla tentazione della pasta e mangiamola in tutti i modi possibili ed immaginabili. Il trucco per non allargarsi troppo consiste semplicemente nel non esagerare con le quantità. Svelato l’arcano, dedichiamoci ad una nuova ricetta: la Pasta ai funghi misti.
“Come usare i bastoncini”, “Come usare le bacchette”, “Come fanno i cinesi a mangiare con i chopsticks”? Quante volte ci siamo fatti questa domanda? Anche chi di noi ostenta disinvoltura con le bacchettine, per l’assidua frequentazione del ristorante cinese sotto casa, se l’è domandato spesso. Chiedendosi se quello che aveva imparato “da autodidatta” corrispondesse al vero modo di mangiare “all’orientale”. Vogliamo togliervi una volta per tutte questa curiosità, illustrandovi con questa guida passo passo come potrete sfoggiare un’elegante disinvoltura usando le bacchette cinesi.
I Chopsticks (come si chiamano le bacchette in inglese) sono una coppia di bacchettine di legno di ugual misura. E sono usate come utensile tradizionale da cucina generalmente in Cina, Corea, Giappone, Taiwan e Vietnam. Probabilmente l’uso risale alla Cina antica e l’uso di bastoncini di legno è comune anche in alcune aree del Tibet e del Nepal, quelle più prossime all’etnia cinese Han.
Le bacchette sono comunemente di legno di bamboo o di plastica, ma ne esistono tipi in metallo, avorio, osso e diverse tipologie di legno. Tradizionalmente si reggono con una sola mano, tra il pollice e le dita, e vanno mosse per raccogliere pezzetti di cibo.
Il termine inglese “chopstick” sembra derivi dal Chinese Pidgin English, in cui la parola “chop chop” significa “veloce”. In cinese mandarino le bacchette si chiamano kuàizi 筷子. 筷 è una parola formata da una parte fonetica “快”, che significa veloce, e una parte semantica, 竹, che significa bamboo.
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