Torta sforzesca: un mix di frutta secca

TEMPO: 1 ora | COSTO: medio | DIFFICOLTA’: media

VEGETARIANA: SI | PICCANTE: NO | GLUTINE: SI | BAMBINI: SI

Nel periodo rinascimentale in cui Ludovico il Moro era, di fatto, il vero signore di Milano e dei suoi vasti possedimenti, anche la cucina attraversò un lungo periodo di gloria nelle numerose feste che si susseguirono negli intervalli di tempo tra una guerra e l’altra. I maestri pasticcieri erano i grandi protagonisti con preparazioni monumentali di grande effetto scenografico.

 In un vecchio ricettario dell’epoca abbiamo però rintracciato alcuni dolci di carattere quasi “moderno” come la “torta sforzesca” qui proposta. Per gli autori esiste una generica indicazione “da maestri napoletani”, a significare che fin da allora i pasticcieri napoletani godevano di grande prestigio presso le Corti italiane e quella degli Sforza era tra le più ambite.

Per rendere più gradevole questa preparazione ci siamo però concessi una sola eccezione: l’aggiunta di un poco di cioccolato fondente in sostituzione di alcune spezie oggi introvabili. Il risultato finale è così ancora più interessante.

Coppe alla banana: in poco tempo e buone

TEMPO: 20 minuti | COSTO: basso | DIFFICOLTA’: bassa

VEGETARIANA: SI | PICCANTE: NO | GLUTINE: SI | BAMBINI: SI

Non so a voi ma a me ogni volta che compro le banane non finiscono mai e prima che si anneriscano di brutto divenendo un ricettacolo di insetti preparo queste coppe alla banana molto buone e gradevoli alla vista. Basta che abbiate a disposizione un paio di banane, una ventina di minuti di tempo per prepararle e tanta fantasia!


Coppe alla banana

Ingredienti per 4 persone:

2 banane | | zucchero di canna g 25 | panna dl 2,5 |amido di mais g 20 | un tuorlo | uno bustina di vanillina |un cucchiaio di cacao amaro in polvere

I vari sali nel mondo/2

Molti e diversi sono i sali che possono essere raccolti nel mondo. Qui di seguito vi forniremo una rassegna dei maggiori sali sparsi sulla terra. Fateci poi sapere le vostre esperienze e se avete notato qualche differenza nel gusto!
Affumicato salish: Raccolto sulle coste orientali del Pacifico, si asciuga su fumo di legno di olmo rosso. Regala una nota complessa a sushi e sashimi.
BALI: Cristalli piramidali sapidi, bianchissimi, ottenuti attraverso una complessa lavorazione indigena dalla sabbia vulcanica nera.

Fiore di sale artigianale di trapani: È il velo superficiale non ancora precipitato sul fondo del bacino. In scaglie di ottimo sapore. Ideale sulle carni alla griglia.
Halen mon: A fiocco di neve, leggermente croccante. Proviene dall’isola gallese di Anglesey dove si affumica con rami di querce centenarie. Ottimo su carpacci e tartare.

Storia della birra: dal medioevo la Ayinger Ur-Weisse

La Baviera è la patria delle birre di frumento tedesche: le Weizenbier o Weissbier (birre bianche) hanno la più alta percentuale di grano. Per legge non inferiore al 50 per cento del cereale impiegato e non superiore al 70 per cento. Il nome Ur-Weisse (Weizenbier originaria) di questa birra vuole sottolineare la lunga tradizione della tipologia, già nota nel Medioevo.

 Lo suggerisce il colore ambrato opalescente: all’epoca non esisteva un sistema di calore uniforme, per cui anche i malti, responsabili del colore, risultavano eterogenei e più tostati di quelli odierni. Perciò nel Medioevo le birre più chiare erano ambrate.

Dolce gelato di castagne

TEMPO: 30 minuti + qualche ora in frizer | COSTO: medio | DIFFICOLTA’: media

VEGETARIANA: SI | PICCANTE: NO | GLUTINE: SI | BAMBINI: SI

Siamo ad ottobre, periodo di castagne o, come vengono chiamate dalle mie parti, di marroni.  Molte sono le preparazioni che in questo inizio di autunno possono accompagnare questi frutti autunnali ma io, amante della bella stagione, voglio ricordare l’ estate appena trascorsa utilizzando dei prodotti di stagione.

 Ed ecco quindi che il dolce gelato di castagne può diventare davvero un momento di festa in famiglia, un dessert fresco da essere servito sia alla fine di un pranzo che di una cena. Una volta le castagne erano chiamate “pane d’albero“, ed erano una risorsa insostituibile per i contadini del nostro paese perché riuscivano, nei momenti difficili, a risolvere il problema dei pasti giornalieri, rendendoli più saporiti e sostanziosi.

Una volta seccate si pestavano in piccole quantità per volta dentro robusti sacchetti di canapa dalla forma allungata e insaponati alle estremità, che forti giovani battevano ritmicamente su appositi tronchi di legno opportunamente sagomati, i cosiddetti “tacchi“, fino a staccare la pula dai frutti ; questi venivano accuratamente selezionati dalle donne in lunghe, ma allegre ore di lavoro attento e chiusi in ampi cassoni, i “bancà“, in attesa di consumarli o che i mercanti della pianura venissero ad acquistarli.

I Lokum: le caramelle delle cronache di Narnia

TEMPO: circa 2 ore + 12 ore per il raffreddamento | COSTO: medio| DIFFICOLTA’: elevata

VEGETARIANA: SI | PICCANTE: NO | GLUTINE: NO | BAMBINI: SI


Vi ricordate il primo episodio delle cronache di Narnia? Beh quattro fratellini londinesi, durante la seconda guerra mondiale, vengono mandati in una casa di campagna; qui, in una stanza misteriosa trovano un armadio magico, attraverso il quale è possibile entrare nel fantastico mondo di Narnia. Da qui le fantastiche avventure dei 4 fratellini avranno inizio per sconfiggere la malefica Strega Bianca.

 In un clima surreale, misto tra fiaba e terrore, il più grande dei 4 fratelli, Edmund, incontrerà la malefica strega Bianca. Pensate che fugga a gambe levate? Neanche per sogno; la strega bianca offre al malcapitato delle buonissime caramelle che rapiranno e ammalieranno nell’animo più profondo il piccolo Edmund. Quelle caramelle sono i Lokum.

Pajata di vitello arrosto

Dopo i mitici rigatoni con la pajata, vi presentiamo un’altra ricetta appartenente alla cucina romana, la pajata di vitello arrosto. Scrive Livio Jannattoni nella sua opera “La cucina romana e del Lazio“: la Pagliata (pajata in romanesco) rientra nelle componenti di quel “quinto quarto” del bovino (frattaglie, testa, coda), sulle quali si applicò un tempo “la cucina povera“, fino ad elaborare e realizzare piatti eccellenti, che costituiscono tuttora un vanto della romana gastronomia.

 Qualcosa di veramente straordinario, quell’umile punto di partenza e il corrispettivo traguardo, rusticamente trionfale. Tanto da far festa increduli ancora oggi. “Pagliata” (o pajata), si legge ad esempio ne La mia cucina. Grande enciclopedia illustrata, una pubblicazione di sicuro pregio e di ampie dimensioni. “Uno dei più sconcertanti piatti della cucina regionale italiana, in questo caso della romanesca. Si tratta dell’intestino di vitello, contenente ancora il chimo.

 La pagliata, che spesso viene preparata dal macellaio, si presenta sotto forma di anelli di budello, legati con il filo, e contenente una crema biancastra, leggermente granulosa. Per chi non è nato a Trastevere o nei Borghi”, si trova costretto ad affermare ancora quel compilatore, “accettare questo cibo, anche se saporito e delicato, costa un certo sforzo: ma una volta superati i pregiudizi, lo si apprezza”.

Involtini di capocollo

Involtini.

Il capocollo è un taglio del maiale molto interessante e versatile.

Lo si può usare, a tocchetti per un tenero e saporito spezzatino, o tagliato fine a macchina per preparare cotolette impanate, oppure, come in questo caso, per fare degli ottimi involtini. Se l’appetito è robusto, vanno considerati 2 involtini a persona.

Tempo di preparazione: 1 ora e 15 minuti | Costo: basso | Difficoltà: media

Ingredienti: 8 fettine di capocollo | 150gr. di salsiccia spellata | 8 fettine di prosciutto crudo | 150 di pecorino di media stagionatura | 1 spicchio d’aglio tagliato finissimo | 1 ciuffo di prezzemolo | 1 cipolla o 2 scalogni | 6/8 cucchiai d’olio | Vino bianco | Sale e pepe

Sugo allo speck: un’alternativa per condire la pasta

Il nostro contenitore ha lo scopo di deliziarvi non solo con ricette fantasiose, ma anche con comodi suggerimenti da realizzare in cucina quando le idee scarseggiano e pure il tempo. Se ci avete seguito in questi giorno abbiamo cominciato anche a dare qualche idea per il condimento di pasta o carni, alternativo al solito pomodoro e quest’oggi continuiamo con un’altra golosissima idea: il sugo allo speck. Ci avviciniamo alla domenica, le giornate hanno cominciato a freddarsi (purtroppo!) ma la voglia di mangiare piatti deliziosi e sfiziosi non ci abbandona. Se decidete di condire la vostra pasta con il sugo allo speck, non vi consiglio un secondo troppo calorico in quanto questo condimento contiene già abbastanza grassi!

Sugo allo speck (ingredienti per 4 persone)

150gr di speck
100gr di mascarpone
latte
50gr di grana grattugiato
40gr di burro
qualche foglia di salvia
un pizzico di sale
pepe
maccheroncini farfalle- gnocchi verdi

Rigatoni con la pajata: origini e storia di questo piatto millenario

Continuando il nostro viaggio attraverso le delizie dell’antica cucina romana, oggi parleremo dei famosissimi rigatoni con la pajata. Fin dall’antichità la dieta romana fu improntata dal consumo di prodotti locali, di estrazione contadina. Dal III secolo a.C. circa sulle tavole dei ricchi appaiono sempre di più cibi complessi e raffinati che avevano bisogno di una lunga lavorazione effettuata di solito da veri e propri cuochi pagati o da schiavi ben istruiti per questo. Con il passare dei secoli, la cucina in epoca imperiale divenne sempre più complessa, e spesso gli stessi invitati si scandalizzavano per le ricette bizzarre, delle quali abbiamo un esempio nel Satyricon di Petronio.

 Di quest’epoca tra tutte le ricette la più famosa è il garum, una salsa di pesce prodotta con la sovrapposizione in un’anfora di vari tipi di pesce alternati con erbe aromatiche. La Pajata è senza dubbio il piatto più rappresentativo della cucina tradizionale romana e, in particolare, di Testaccio. La ricetta originale usa come ingrediente fondamentale il vitello, ma a causa dei divieti per la mucca pazza, attualmente si utilizza l’intestino d’agnello.

 I rigatoni con la pajata nascono come pietanza apprezzata dagli scortichini, i lavoranti dell’antico Mattatoio di Testaccio che, a fine giornata, ricevevano assieme ad una misera paga, il cosiddetto quinto quarto ovvero gli scarti delle carni macellate (interiora, zampe e lingua). Con i loro sacchetti di carne, gli scortichini si recavano nelle vicine osterie della zona e chiedevano che gli scarti degli animali venissero utilizzati per preparare piatti sostanziosi per sfamare le famiglie. Nacque così la pajata, piatto della tradizione popolare romana oggi apprezzato da gourmet e turisti che continuano a lasciarsi affascinare dai sapori decisi della nostra città. Sapori che devono continuare ad esser tramandati, per non rischiare di perdere il contatto con le nostre radici.

Rigatoni con la pajata (ingredienti per 4 persone)

800gr di intestino di manzo
200gr di rigatoni
50gr di pancetta
cipolla
sedano
prezzemolo
aglio
salsa di pomodoro
un bicchiere di vino bianco secco
qualche chiodo di garofano
aceto
pecorino grattugiato
una piccola aggiunta di sale (non troppo, la pajata è molto saporita)
pepe
olio extra vergine di oliva

Rotolo al crescione

Sul rotolo al crescione che vi presento oggi mi aspetto molti commenti. Magari non sarà una preparazione così tanto dietetica, ma sicuramente è talmente goduriosa da far capitolare anche la più ferrea delle signore a dieta stretta! A parte che da buona amante dei formaggi qualsiasi ricetta a base di latticini è apprezzata dalla sottoscritta, ma questa di oggi, a parere mio, è insuperabile. L’ho preparata in occasione di una cena in famiglia ed è andato alla grande. Provatelo anche voi e mi raccomando fatemi sapere com’ è andata!

Rotolo al crescione (ingredienti per 6 persone)

60gr di burro
40gr di farina bianca
250ml di latte
50 gr di Parmigiano grattugiato
200gr di crescione fresco tritato
4 tuorli e 4 albumi d’uovo

per il ripieno:

100gr di formaggini cremosi alla panna
60ml di panna acida
2 fette di pancetta affumicata, tritate finemente
100gr di champignons tritati finemente

per la salsa al limone:

4 tuorli d’uovo
30gr di burro
1 cucchiaino di scorza di limone grattugiata
un pizzico di zafferano
125 ml di panna
2 cucchiaini di succo di limone

Baci di dama sprint

Li ho assaggiati a casa della mia amica Margherita ma li aveva preparati Fiorella (quella che mi regala tutte le settimana delle uova). Ricordo ancora la visione di questo vassoietto, colmo di questi dolcetti sferici e ricoperti da una sostanza misteriosa. I baci di dama.

Erano belli da vedere, ma quando li assaggiai andai in visibilio. Chiesi la ricetta che ora propongo e anticipo che si impiega meno tempo (quasi) a descrivere la preparazione che a farli. Il costo è decisamente basso. La conservazione è minima perchè se li mangiano tutti subito, ma nel caso peregrino ne rimangano un po’ possono durare qualche giorno. Mio figlio dice che sono una droga, uno tira l’altro tipo le ciliegie.

Mia madre, a cui li ho fatti assaggiare, li ha divorati uno dietro l’altro, sospirando e pensando al suo culone che sarebbe diventato sempre più grosso. E ora, bando alle ciance, passo a dare la ricetta.

Lasagne al pesto rinforzate

Ho assaggiato questo piatto a casa di una mia amica genovese, ovviamente per via del pesto, e mi è piaciuto molto. Ho quindi riprovato a preparalo io ma con una piccola variante, “un rinforzo”, rispetto alle classiche lasagne al pesto, per renderle più saporite. Può essere anche un’idea per eliminare dei piccoli avanzi di prosciutto cotto e formaggi vari prima che il frigo diventi la loro tomba.

Le lasagne al pesto rinforzate sono un ottimo primo piatto, da servire nei giorni di festa, ideale sia in estate, quando si ha il tempo di preparare il pesto alla genovese ( quello pronto va anche benissimo), che in inverno. Avevo ricevuto, l’estate scorsa una grossa quantità di basilico fresco dalla mia amica Fiorella (quella delle uova) e così ho preparato una bella quantità di barattolini di pesto e li ho congelati.

Direi che queste lasagne sono poco costose, relativamente facili da preparare e, dettaglio non trascurabile, si possono preparare con un anticipo di qualche ora e infornare una mezz’ora prima di mettersi in tavola. Io, come al solito, quando le cucino, ne preparo in abbondanza in modo da congelarne una parte.

I miei figli mi hanno assicurato che, una volta scongelate e riscaldate sono ottime e quindi sono certa di dare un buon consiglio. E allora come dico io: “bando alle ciance” e andiamo a cucinare!!

Burger King e l’hamburger più costoso del mondo

Alzi la mano chi non ha mai mangiato un hamburger da McDonald’s. Denigrati, vilipesi, osteggiati, i fast-food continuano (con diverse varianti salutiste e mille accorgimenti) ad imperversare nel mondo.

McDonald’s, Kentucky Fried Chicken, Taco Bell, Wendy’s, Burger King e compagni, sono nomi molto noti ai consumatori d’oltreaoceano e di alcuni paese europei. Ma in Italia (a parte McDonald’s) cominciano a diventare familiari solo da poco. Qui su Ginger abbiamo già parlato di fast food più di una volta, e sapete come la pensiamo.

Pur riconoscendo il mito e il fascino della cultura del mangiare veloce americano (o anglosassone), non ne siamo affatto degli inguaribili sostenitori. Ma quando succede qualcosa “fuori del comune” ci divertiamo a parlarne stando volentieri al gioco. Anche quando si tratta di interessanti iniziative di marketing.

L’ultima idea è un’iniziativa della fast-food chain Burger King. Che ha lanciato un hamburger gigante, chiamato semplicemente ‘The Burger‘, che sembrerebbe essere il panino più costoso del mondo.

95 sterline il prezzo folle di questa trovata culinaria (circa 200 euro al cambio) che visto a vicino è composto di ingredienti davvero speciali. L’ingrediente principale è la carne grigliata di manzo giapponese Wagyu. La Wagyu Beef, per chi non lo sapesse, è una razza di bovini geneticamente selezionati e ad intensa marmorizzazione delle carni, ovvero a produrre una elevata quantità di grassi insaturi che tendono a mischiarsi con la carne stessa, anziché ad agglomerarsi sui lati come normalmente accade nella carne normale, ed è, comprensibilmente, costosissima. Ma anche il resto non è da meno: fettine di tartufo bianco, prosciutto iberico Pata Negra, bastoncini di cipolle allo Champagne Cristal, aceto balsamico di Modena, lattuga (rigorosamente Valerianella locusta), sale rosa dell’Himalaya, maionese di vino bianco organico e scalogno, il tutto in un pane tostato spolverato con zafferano iraniano e di nuovo tartufo bianco (speriamo almeno che sia il tartufo d’Alba nostrano, se non altro).